Libero e Virgilio in down: 9 milioni di caselle e-mail non funzionano

I servizi di posta elettronica di Libero e Virgilio stanno registrando malfunzionamenti e problematiche dal 23 gennaio. È da lunedì, infatti, che l’invio e la ricezione della mail su ambedue le piattaforme non funzionano. Probabilmente, il rallentamento del sistema è causato da problemi tecnici sull’infrastruttura sul provider su cui Libero e Virgilio si appoggiano, Italiaonline, società controllata dalla Orascom del magnate egiziano Naguib Sawiris.

Sono circa 9 milioni le caselle di posta elettronica aperte sui due servizi: risultano tutte bloccate, comprese quelle degli utenti che hanno abbonamenti a pagamento e quelle di chi utilizza questi due servizi professionalmente. Gli unici account che ad oggi non sembrano avere problemi sono le PEC di Libero, cioè la posta elettronica certificata.

Considerato che il blocco dura da più di tre giorni, si tratta di uno dei disservizi informatici più gravi e duraturi degli ultimi anni, almeno a livello italiano. Il suffisso libero.it, inwind.it, iol.it, virgilio.it è stato protagonista nei primi anni duemila della diffusione di massa delle connessioni internet in Italia. Successivamente, negli anni dieci il successo del servizio di Google, Gmail, le ha messe in ombra, ma rimangono in tanti ad usare queste caselle un po’ vintage. Libero e Virgilio escludono l’attacco hacker e, scusandosi con gli utenti per il grave disagio procurato affermano: Stiamo lavorando incessantemente da ormai diverse ore per risolvere un problema infrastrutturale inaspettato e imprevisto e che non è dipeso da sistemi sviluppati da Italiaonline.

 

Le dichiarazioni di Italia Online

Nelle scorse settimane”, ha spiegato ieri ItaliaOnline in un testo pubblicato sui propri siti, “al fine di offrire un servizio sempre migliore e sempre più aggiornato, abbiamo introdotto un’innovativa tecnologia di storage (archiviazione dei dati, ndr) a supporto delle nostre caselle mail, fornita da un vendor esterno, un produttore di tecnologie di storage utilizzato da alcune delle più grandi società al mondo. Purtroppo, un bug (errore di programmazione, ndrdel sistema operativo ne ha compromesso il corretto funzionamento e, di conseguenza, quello delle caselle di posta presenti su di esso. Il vendor sta lavorando incessantemente per la risoluzione del problema, creando un fix per la soluzione della problematica, con il supporto di tutti i nostri team interni. Trattandosi però di un bug a livello di sistema operativo, la soluzione sta richiedendo i tempi tecnici di sviluppo, con l’obiettivo primario di tutelare l’integrità dei dati”.

I tempi sono stati lunghi finora, ce ne rendiamo conto”, si legge inoltre, “non possiamo dunque non avere come priorità la tutela dei dati degli italiani, perché sono la nostra forza. Per questo vogliamo riaprire le caselle in maniera definitiva e stabile. Prevediamo di ripristinare la Libero Mail e la Virgilio Mail entro le prossime 24/48 ore. Siamo consapevoli che questo crea difficoltà ai nostri utenti, ma il nostro essere il provider di posta degli italiani, ci impone la massima serietà”.

 

Le reazioni di Codacons e Altroconsumo

Un guasto che rischia di aggravarsi in “danni materiali”, come ricorda Codacons che ha già inviato una formale diffida alla società Italia Online che gestisce i due servizi, chiedendo non solo di riattivare immediatamente la posta elettronica e risolvere i problemi tecnici, ma anche disporre indennizzi diretti in favore di tutti gli utenti coinvolti nel disservizio. Nel 2023 un disservizio così lungo è fuori mercato” ha twittato Enrico Pagliarini, giornalista di Radio24.

Intanto anche le associazioni consumatori cominciano a scaldarsi: Altroconsumo sul proprio sito invita gli utenti a reclamare per avere una forma di risarcimento danni e chiede a ItaliaOnline di offrirlo. Un altro capitolo che si aprirà prossimamente è quello della richiesta risarcimenti: sarà lavoro di avvocati e associazione consumatori, che in passato per casi simili si sono mossi con tempestività. In Italia si ricordano i casi analoghi del down di Ovh (2021) e di Aruba (2011), da cui, per colpa di un incendio, migliaia di siti e domini sono rimasti inaccessibili.

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