LA “SETTA” TEATRALE CENSURATA DA XI JINPING TORNA IN SCENA ALL’ARCIMBOLDI

La compagnia teatrale cinese “Shen Yun” torna ad esibirsi a gennaio 2026, al teatro degli Arcimboldi di Milano. Peccato che dietro questa rappresentazione artistica della “Cina pre-comunista”, così descritta dal loro sito web, si celi una setta religiosa legata al Falun gong. Il gruppo religioso è accusato di sfruttamento di minori nonché di aver ucciso molti dei suoi membri, ed è largamente censurato dal Governo Cinese. Gli spettacoli arrivano in tournée ogni anno, con numerose date e costosi biglietti sempre esauriti.

Shen Yun Performing Arts Organization

«Indipendente da qualsiasi governo e interamente senza scopo di lucro», la compagnia è stata fondata nel 2006 a New York. Da decenni porta sui palchi del mondo una rappresentazione artistica composta di balli, costumi e tradizioni, legate alla tradizione della Cina pre-comunista, ovvero tutte le espressioni culturali risalenti ai millenni antecedenti al 1949, anno della nascita dell’attuale Repubblica Popolare di Cina. La loro fonte di ispirazione è la disciplina spirituale conosciuta come Falun Dafa, o Falun Gong, che nasce in Cina agli inizi degli anni ‘90. Radicata nella cultura tradizionale cinese, il Falun Gong incorpora degli esercizi di meditazione dalla tradizione dei Tai Qi e crede negli insegnamenti di verità, compassione e tolleranza.

Manifestanti che difendono la comunità del Falun Gong

Nel 1999 il governo cinese inserisce ufficialmente il Falun gong nel gruppo delle “sette eretiche”, segnando la censura del movimento sul territorio cinese. Le principali ragioni di questa censura vengono spiegate dalla compagnia teatrale come parte di campagne sistematiche del Governo Cinese per reprimere espressioni di credenze tradizionali, che possono minare all’integrità dell’ideologia imposta dal Governo.  Di conseguenza, le attività culturali percepite come legate al Falun Gong, inclusi gli spettacoli di Shen Yun, sono interpretati come strumenti di propaganda antistatale, per non dire movimenti sovversivi. La censura dello stato cinese denuncia in realtà la repressione interna sistematica dei praticanti della compagnia teatrale, documentata da ONG internazionali. L’obiettivo esplicitato dal Governo è limitare la diffusione esterna del Falun Gong e impedire la legittimazione culturale del movimento.

Una rappresentazione anche politica

Ad un occhio attento, non sfuggono infatti nella rappresentazione teatrale di Shen Yun, i numerosi riferimenti a dichiarazioni ufficiali dello Stato Cinese, denunce di mancanza del rispetto dei diritti umani e persecuzione delle cerchie religiose come il Falun Gong. D’altra parte, non vengono esplicitate le dinamiche interne alla compagnia teatrale stessa. Numerose sono le testimonianze di ex membri che parlano di un ambiente altamente indottrinato, coercitivo, con allenamenti molto impegnativi e norme rigide sui comportamenti e decisioni personali, come il matrimonio. I contatti con le persone estranee al movimento sono limitati o nulli, lasciare la compagnia è pressoché impossibile. Sebbene la compagnia teatrale non si dica veicolo ufficiale della dottrina del Falun Gong, l’indottrinamento è di fatto un obbligo per ogni partecipante.

La strategia di cultural framing spiegata dall’esperta
Claudia B. Unali, sinologa traduttrice, docente di lingua e cultura cinese

«Shen Yun per svincolarsi dalla responsabilità sulla rappresentazione della Cina e del Falun Gong adotta una strategia di cultural framing volta a presentarsi come compagnia artistica dedicata alla rinascita della cultura tradizionale cinese. […]Consente l’inserimento di contenuti religiosi e politici, […] scene sulla persecuzione dei praticanti di Falun Gong, all’interno di un discorso estetico e memoriale, non come proselitismo». Così ci spiega Claudia B. Unali, sinologa traduttrice, docente di lingua e cultura cinese. «Utilizza dichiarazioni ufficiali, minacce di azioni legali e un linguaggio che enfatizza la censura artistica e la denuncia della negazione dei diritti umani. Si evita così un riconoscimento operativo di legami strutturali con Falun Gong, e riformulando le accuse esterne come “malintesi” o “attacchi politici”, sottraendosi così a responsabilità dirette».

Continua poi sulla persistenza delle esibizioni di Shen Yun: «Si spiega con fattori strutturali e giuridici. Nei Paesi cosiddetti occidentali, le tutele costituzionali relative alla libertà artistica, religiosa e di espressione limitano la possibilità di interventi restrittivi, soprattutto in assenza di violazioni penali comprovate. Inoltre, la rete organizzativa legata alla diaspora fornisce risorse finanziarie, logistiche e comunicative che permettono di sostenere tournée globali anche in presenza di controversie. Le inchieste giornalistiche, generalmente focalizzate su condizioni dei danzatori, gestione interna e retorica politica, generano dibattito ma non arrivano a produrre effetti regolatori. La forte polarizzazione mediatica contribuisce infine a consolidare un pubblico fedele e a neutralizzare, almeno parzialmente, gli impatti reputazionali negativi».

In merito ai riferimenti politici al Governo cinese inseriti nella rappresentazione teatrale conclude. «La maggior parte delle persone che ha visto lo spettacolo chiamato Shen Yun, ha dichiarato di aver apprezzato la bravura degli artisti e degli acrobati. Però affermano di non aver compreso i contenuti politici inseriti all’interno delle arti performative. Questo campione di spettatori non era a conoscenza della natura della compagnia teatrale né dello scopo della rappresentazione, quindi ha subito passivamente la visione dello spettacolo rendendosi ignaro finanziatore della setta».

A cura di Carola Mariotti

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