Con la guerra in sottofondo, gli incontri diplomatici di Pechino e Nuova Dehli sono il trionfo della realpolitik del singolo. Macron va da Xi e Putin da Modi. Un bilateralismo che si basa sulle capacità del leader, sulla scia di Donald Trump che fa degli incontri bilaterali l’ago della bussola dei rapporti geopolitici.
Macron e la partita cinese
Emmanuel Macron è tornato in Cina per la quarta volta da quando è all’Eliseo. Durante la scorsa visita a Pechino avvenuta due anni fa il presidente francese si era fatto accompagnare da Ursula von der Layen. Allora, un segnale di unità europea. Oggi, sintomo del bisogno di riequilibrare i rapporti. L’Ue ha un deficit commerciale di 357 miliardi di dollari con la Cina. Xi apre alla possibilità di aumentare le importazioni di prodotti francesi, in cambio di investimenti cinesi da parte di Parigi su mobilità sostenibile, fotovoltaico e transizione green. Se gli accordi economico-commerciali sembrano aver trovato una direzione comunque, il dialogo sull’Ucraina si è rivelato meno fertile. Xi si è lasciato andare solo ad un freddo commento: “La Cina sostiene gli sforzi fatti per raggiungere la pace”.

Il tradimento americano
Il leader di Pechino non si sbilancia, ma lo fa invece Macron. Almeno da quanto è stato fatto trapelare di una telefonata avvenuta tra il presidente francese, l’ucraino Zelensky, il segretario della Nato Rutte e il tedesco Merz: “Gli Usa potrebbero tradire l’Ucraina sui territori”. Il pendolo americano è tornato a spostarsi verso Putin. Nonostante il muro sulle trattative che gli inviati Kushner e Witkoff hanno trovato al Cremlino (dove si è parlato di dividere i punti del negoziato di pace in quattro pacchetti da discutere separatamente), Trump allenta le sanzioni alla compagnia petrolifera russa Lukoil. Le stazioni di servizio situate fuori dal territorio russo possono continuare a operare, anche se i proventi non potranno andare a Mosca. Putin ringrazia il presidente americano esaltando la impegnativa missione di pace che si è incaricato.
Putin ospite da Modi
All’alba della visita a Nuova Delhi il capo del Cremlino definisce i negoziati “necessari” ma “complessi”. Putin non ha intenzione di cedere sui nodi dei negoziati per lui fondamentali: l’ingresso di Kiev nella Nato (vista come un’organizzazione militare e quindi una minaccia per Mosca) e i territori ucraini che la Russia ha annesso unilateralmente nel 2022.
Intanto Modi accoglie Putin con tutti gli onori. Protagonista di questo bilaterale è ancora il petrolio, di cui l’India è il terzo consumatore mondiale. Dall’inizio della guerra in Ucraina l’acquisto di greggio russo da parte di Nuova Delhi è salito fino a rappresentare il 35% delle importazioni totali a inizio 2025 (dal 2,5% precedente). Per Mosca sono numeri essenziali che finanziano la guerra. Le importazioni sono crollate a seguito dei dazi americani. Punto nevralgico dell’incontro per Putin è quindi quello di rafforzare gli scambi di petrolio e armamenti (di cui Mosca è il principale fornitore per l’India).
Nel quadro del doppio bilaterale Macron tenta di ergersi a leader di un’Europa defilata rispetto a negoziati che hanno sempre più al centro Putin e Trump, mentre il leader del Cremlino con il viaggio in India intende dimostrare che i tentativi di isolare Mosca sono falliti.
