Elezioni nel Regno Unito. Johnson o Corbyn, sarà Brexit?

Sono ormai vicinissime le elezioni per rinnovare il Parlamento britannico. Il 12 dicembre il Regno Unito sarà chiamato alle urne per superare lo stallo sulla Brexit. A Westminster infatti, non c’era una maggioranza pronta a sostenere l’accordo sull’uscita dall’Unione Europea, negoziato il 17 ottobre scorso dal premier conservatore Boris Johnson. A contendersi la vittoria da un lato lo stesso Johnson, principale promotore della Brexit, dall’altro il leader dei labouristi Jeremy Corbyn. Quest’ultimi hanno votato per le elezioni anticipate nel momento in cui l’UE ha ratificato ufficialmente la proroga della Brexit al 31 Gennaio 2020. L’attenzione sarà focalizzata anche sulla crescita dei Liberali e dei Verdi. Il Brexit Party di Nigel Farage, primo partito alle europee di maggio con il 30,5%, ha scelto invece di non presentare i suoi candidati in molti seggi per non sfavorire i Conservatori.

Il programma di Johnson: Brexit, sicurezza e immigrazione

«Get Brexit Done». Il manifesto dei Tory, presentato da Johnson il 24 novembre a Telford, punta forte sulla Brexit. Ma non solo. Sono previste nuove assunzioni nella sanità con 50.000 posti per le infermiere e lo stanziamento di fondi sulle nomine per i medici di famiglia. Annunciato un incremento delle forze dell’ordine con 20.000 nuovi agenti, per contrastare crimine e terrorismo, e un ritocco all’ordinamento giuridico, con sentenze più dure. Sulla gestione dei flussi migratori la proposta è quella di un sistema a punti, sul modello in vigore in Australia. La promessa poi, di investire costantemente su istruzione, formazione e scienza. Il tutto tenendo sempre sotto controllo il debito, con l’impegno a raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2050 attraverso politiche ambientali basate su energie rinnovabili ed economia circolare.

Il programma di Corbyn: infrastrutture, salario minimo e sanità

Il Leader dei Laburisti ha presentato nel libretto rosso É tempo di cambiare, il suo programma politico. 107 pagine in cui Corbyn promette di nazionalizzare le ferrovie, le poste, l’acqua e il gas. Sarà garantito un salario minimo di almeno dieci sterline (11 euro) all’ora per tutti i lavoratori, l’azzeramento delle tasse universitarie e internet con fibra piena gratuita per tutti entro il 2030. Sono tanti i numeri presenti: dai 250 miliardi di sterline che una nuova Banca nazionale dovrebbe prestare per creare imprese e infrastrutture, fino ai 400 miliardi per un nuovo Fondo nazionale di trasformazione. Quest’ultimo, finanziato da prestiti, investirà in infrastrutture e tecnologia a basse emissioni di carbonio. Presenti anche 75 miliardi per costruire 150mila case nei prossimi 5 anni e 26 miliardi investiti nel sistema sanitario nazionale. Le risorse saranno utilizzate per assumere dottori, infermieri e garantire i controlli odontoiatrici per tutti e senza costi. Per pagare tutto questo Corbyn vorrebbe tassare le compagnie petrolifere e del gas, aumentando dal 19% al 26% l’aliquota sulle imprese. Infine ripristinare la tassa di successione e alzare le imposte per chi guadagna più di 80mila sterline l’anno.

Una vittoria di Johnson andrebbe bene anche all’Europa. Porterebbe infatti certezze e stabilità al processo di separazione dall’UE che va ormai avanti da 2 anni e mezzo. Al contrario una sua sconfitta (e lo sarebbe qualsiasi risultato diverso dalla maggioranza assoluta), potrebbe portare i laburisti a rinegoziare gli accordi e a indire un secondo referendum sulla Brexit. Dagli ultimi sondaggi realizzati da YouGov, Boris Johnson sembrerebbe nettamente in vantaggio, con i conservatori che porterebbero a casa 359 seggi, 211 i laburisti e solo 13 i liberal-democratici.

Nicolo Rubeis

Giornalista praticante con una forte passione per la politica, soprattutto se estera, per lo sport e per l'innovazione. Le sfide che attendono la nostra professione sono ardue ma la grande rivoluzione digitale ci impone riflessioni più ampie. Senza mai perdere di vista la qualità della scrittura e delle fonti.

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