L’Istat si appresta a rivedere al ribasso le stime sul PIL per effetto della guerra in Ucraina. La perdita potrebbe essere dello 0,7% di PIL, pari a circa 18 miliardi di euro. La previsione era di arrivare ad aprile al PIL pre-pandemia ma la ripresa è bloccata.
Le previsioni sulla crescita
Il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo avverte che l’impatto negativo sul PIL dovuto alla guerra potrebbe essere ancora più grande. «Come statistiche ufficiali non siamo in grado di poter dare un’indicazione rispetto a qualcosa che non è sotto controllo. Non sappiamo dire come andrà finire, certamente c’è un blocco rispetto alla speranza di ripresa. Viviamo praticamente alla giornata», ha detto, definendo il livello dei prezzi “preoccupante”, soprattutto per le famiglie meno abbienti. «Non c’è nulla che faccia sperare che le cose possano migliorare», conclude.
L’ultima previsione di crescita italiana per il 2022 risale al 10 febbraio quindi precedente allo scoppio del conflitto ed è stata fatta dalla Commissione europea. Bruxelles prevedeva allora un progresso del 4,1%, già in calo rispetto alle stime autunnali. Ora è probabile che la crescita si possa abbassare in modo sostanzioso, avvicinandosi al 3%. Il caro-energia e il caro-materiale spaventano gli analisti e difficilmente si intravedono spiragli positivi come ha dichiarato Blangiardo.
La risposta dell’UE
La Commissione Ue ha lanciato il suo RePowerEu. L’obiettivo, oltre a diversificare le importazioni e aumentare quelle di gas naturale liquefatto, è far crescere anche la produzione di biometano e idrogeno rinnovabile, nonché ridurre l’uso di combustibili fossili. Troppo poco per i Paesi del Mediterraneo, tra cui l’Italia. È necessario un intervento dell’Unione Europea a sostegno della politica del nostro Paese perché da soli non riusciremmo a sostenere i costi dell’energia. Secondo il premier Draghi servirebbe un mercato comune dell’energia con stoccaggi condivisi, ma anche un tetto al prezzo di importazione del gas. Il Movimento 5 stelle propone un Energy Recovery Fund, una sorta di nuovo Next Generation Eu con debito comune per affrontare i rincari.