A un anno dall’abbandono da parte degli Stati Uniti dell’accordo internazionale sul nucleare del 2015, anche l’Iran ha deciso di ritirarsi. Il presidente Hassan Rohani ha annunciato che manterrà delle scorte di uranio arricchito all’interno del Paese e che non le spedirà all’estero.
Il presidente iraniano ha detto di aver «inviato lettere mercoledì a cinque membri del Piano comprensivo di Azione, notificando loro che l’Iran ha deciso di sospendere parzialmente i suoi impegni». In un discorso al Parlamento trasmesso in diretta dalla televisione di Stato ha così motivato la scelta: «L’accordo sul programma nucleare iraniano era stato raggiunto nell’interesse del mondo e della regione, ma i nemici dell’Iran hanno fatto pressioni affinché Teheran si ritirasse dal Piano comprensivo di Azione».
Lo stesso Rohani ha minacciato di riprendere la produzione di uranio arricchito entro 60 giorni nel caso in cui gli altri partner del Piano comprensivo di azione (Jcpoa) non decideranno di soddisfare le sue richieste riguardanti l’ambito petrolifero e bancario a causa delle sanzioni degli Stati Uniti.
Secondo la Russia, l’abbandono dell’Iran è colpa degli Stati Uniti. «Il presidente Putin ha ripetutamente parlato delle conseguenze di passi avventati nei confronti dell’Iran. Ora stanno iniziando a verificarsi le conseguenze» ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.
La Cina, attraverso le parole del Portavoce del ministro degli Esteri Geng Shuan, ha subito richiamato l’Iran, dichiarando che l’accordo siglato nel 2015 deve essere confermato e pienamente attuato, ribadendo che tutte le parti coinvolte hanno la responsabilità perché questo accada
L’accordo sul nucleare comprendeva, oltre a Iran e Stati Uniti, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, cioè Regno Unito, Francia, Cina e Russia, con l’aggiunta della Germania (il cosiddetto P5+1). Gli Stati Uniti si erano appunto ritirati un anno fa in seguito alla decisione del presidente Donald Trump.