Il regime di Teheran continua a reprimere con la forza le proteste in corso. L’ultima notizia riguarda l’arresto del calciatore Voria Ghafouri, finito in carcere con l’accusa di aver «insultato la reputazione della nazionale e di aver fatto propaganda contro la Repubblica islamica».
L’arresto
Al termine di un allenamento con il suo club, il giocatore – escluso dai convocati per il Mondiale – è stato arrestato davanti al figlio di dieci anni per le critiche rivolte al regime e per la solidarietà espressa verso chi sta protestando. Trentacinquenne di origini curde, Ghafouri è stato per anni la bandiera della nazionale iraniana e fino al luglio scorso militava nella squadra principale. Secondo alcuni, la rescissione del contratto e la mancata convocazione potrebbero essere dovute alle sue frizioni con le autorità. Negli anni si è infatti distinto per le sue posizioni anti governative, a favore della democrazia e dei diritti delle donne. Negli ultimi mesi, in particolare, sui social (dove conta più di tre milioni di followers) ha sostenuto apertamente le proteste che stanno infiammando il Paese dopo la morte di Mahsa Amini.
Un segnale per tutti
Il suo arresto appare come un segnale anche nei confronti della Nazionale impegnata nei Mondiali in Qatar. Prima della partita contro l’Inghilterra, infatti, i giocatori non avevano cantato l’inno per protesta verso il regime. Un gesto coraggioso a cui potrebbero far seguito sanzioni dure al rientro in patria.
Quello di Ghafouri è solo l’ultimo caso di personaggi popolari – appartenenti al mondo dello spettacolo, dello sport e della cultura – arrestati dal regime per aver dimostrato sostegno ai manifestanti. Il mese scorso era toccato al calciatore Hossein Mahini, adesso rilasciato.
Sulla vicenda è intervenuto anche l’allenatore Andrea Stramaccioni, ex allenatore di Ghafouri ai tempi dell’Esteghlal: «Mi viene la pelle d’oca, sono scioccato. Ho parlato con degli amici a Teheran, sua moglie è preoccupatissima, così come tutti noi».