Il Portogallo approva la legge contro la violenza ostetrica: cos’è e cosa ne pensano i medici

Il Portogallo ha compiuto un passo decisivo nella tutela dei diritti delle donne in gravidanza, approvando una legge che, tra le prime al mondo e unica in Europa, riconosce formalmente il concetto di “violenza ostetrica”. In base a quanto definito nell’articolo 2 della legge 33/2025, vengono considerate violenze ostetriche tutte quelle azioni – fisiche o verbali – da parte del personale sanitario che si traducono in un trattamento disumanizzante o in abusi, intervenendo sul corpo e sulle procedure dell’apparato riproduttivo di donne e persone in stato di gravidanza.

I punti chiave della norma

La nuova legge stabilisce che ogni struttura sanitaria dovrà attenersi al “piano di nascita” stilato dalla gestante, in cui sono verranno indicate le preferenze riguardo alle modalità di parto, allattamento e molto altro. Tali scelte potranno essere riviste in qualunque momento, purché non siano ignorate se non per seri motivi clinici da documentare.

Per garantire la corretta applicazione della norma, viene istituita la Commissione per i Diritti nella Gravidanza e nel Parto, composta da esperti di ostetricia, pediatria, etica, giurisprudenza, oltre a rappresentanti dei pazienti e delle associazioni. Il compito di questo organismo sarà monitorare il rispetto della legge, promuovere ricerche e formare il personale sanitario, nonché proporre eventuali interventi normativi.

Somministrazione obbligata di ossitocina

L’ossitocina è una sostanza prodotta naturalmente dal corpo che aiuta l’utero a contrarsi. In molti casi viene anche somministrata artificialmente attraverso una flebo per stimolare il travaglio. Se il corpo riceve troppa ossitocina, però, le contrazioni possono diventare troppo forti, troppo frequenti o troppo ravvicinate. Questo può causare una situazione di stress per il bambino, che fatica a “resistere” tra una contrazione e l’altra, oppure può mettere a rischio la salute della madre, aumentando ad esempio la possibilità di una rottura dell’utero.

La manovra di Kristeller

È una tecnica ostetrica impiegata durante il parto, praticata in concomitanza con le contrazioni. Consiste nell’esercitare una pressione sul fondo dell’utero per agevolare la fuoriuscita della testa del bambino nella fase finale dell’espulsione. Nonostante venga ancora ampiamente utilizzata, anche in situazioni non urgenti, questa procedura comporta dei rischi significativi come la lacerazione dell’utero. Per questo motivo, in diversi Paesi europei ne è stato vietato l’uso per legge, mentre in Italia ne viene fortemente sconsigliata l’applicazione.

L’episiotomia di routine (o perineotomia)

Si tratta di un taglio chirurgico del perineo eseguito per ampliare l’apertura vaginale e facilitare il passaggio del neonato durante il parto. Secondo il legislatore, questa pratica sarebbe ormai diventata un intervento di routine, spesso effettuato anche in assenza di reali necessità cliniche. La nuova normativa, che introduce una Commissione di vigilanza, stabilisce che gli ospedali che continuano a praticare l’episiotomia sistematicamente — o altre procedure non motivate da precise indicazioni mediche — potranno incorrere in sanzioni. Anche i medici che la eseguono senza giustificazione potranno essere sottoposti a provvedimenti disciplinari.

L’allattamento forzato

L’allattamento al seno è sì raccomandato per il benessere del neonato, ma non potrà mai essere imposto. La legge, infatti, considera parte della “violenza ostetrica” qualunque forma di “allattamento forzato” che non rispetti le condizioni fisiche e psicologiche della madre e le sue scelte informate.

Violenza ostetrica, un termine improprio

Il termine “violenza ostetrica” rischia di essere frainteso, poiché può far pensare a un’aggressione deliberata da parte del personale sanitario. In realtà, molte delle situazioni che rientrano in questa definizione derivano da carenze sistemiche, condizioni strutturali inadeguate o formazione insufficiente. A sottolinearlo è anche un articolo dell’American Journal of Obstetrics and Gynecology, secondo cui sarebbe più appropriato parlare di abuso nell’assistenza sanitaria. Questa espressione include comportamenti scorretti come trattamenti inadeguati, negligenza, abusi emotivi o fisici, ma anche l’esecuzione di pratiche non necessarie o attuate senza il consenso informato della paziente.

L’obiettivo, dunque, dev’essere quello di garantire un’assistenza medica rispettosa, centrata sulla persona e guidata da criteri di professionalità. È fondamentale evitare ogni forma di abuso o maltrattamento nel contesto sanitario. In buona sostanza il rischio reale è quello di equiparare un atto di aggressione fisica criminale ad una malpractice.

Lo scontro con i professionisti sanitari

L’Ordine nazionale dei Medici ha sollevato delle critiche sul concetto di “violenza ostetrica”, sostenendo che si tratta di un termine privo di basi scientifiche solide. Secondo loro, questo modo di definire certi comportamenti rischia di minare la fiducia tra pazienti e operatori sanitari. Il risultato è che si alimenterebbero conflitti legali, danneggiando il rapporto umano e professionale che dovrebbe esistere durante il percorso di cura.

Per questo motivo l’Ordine ha chiesto l’abrogazione della legge, lamentando scarsa consultazione tecnica durante la stesura del testo. Analoghe riserve sono state espresse dall’Ordine degli Infermieri, che riconosce l’intenzione positiva della legge, ma sottolinea la necessità di maggiori risorse e garanzie per non compromettere la qualità delle cure.

Le statistiche

Tuttavia, nel maggio 2024, la Commissione europea ha finanziato un rapporto intitolato “Obstetric violence in the European Union. Situational analysis and policy recommendations”, realizzato dall’antropologa medica Patrizia Quattrocchi dell’Università di Udine. Il documento offre un’analisi dettagliata del fenomeno a livello europeo, con dati e raccomandazioni politiche.

In Portogallo

Già nel 2022, una ricerca pubblicata su The Lancet, basata sui dati di Imagine Global, aveva messo in luce numeri preoccupanti, soprattutto in Portogallo. Secondo lo studio, il 41% dei parti prevede ancora l’uso dell’episiotomia, una pratica oggi sconsigliata se non strettamente necessaria. La manovra di Kristeller viene applicata nel 50% dei casi, mentre due donne su tre affermano di non aver potuto muoversi liberamente durante il travaglio. Inoltre, il 41% delle intervistate ha dichiarato di non essere stata coinvolta nelle decisioni riguardanti il proprio corpo. Il 75% ha subito esami vaginali senza aver dato il proprio consenso, e una su tre si è sentita trattata senza rispetto o dignità.

La mappa mostra le cause legali per violenza ostetrica mappate dal rapporto Obstetric violence in the European Union
In Italia

Secondo la prima indagine nazionale condotta da Doxa per conto dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia, una madre su cinque (il 21%) tra quelle con figli di età compresa tra 0 e 14 anni riferisce di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il primo parto. Lo studio, che ha coinvolto un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane tra i 18 e i 54 anni, ha analizzato vari aspetti dell’esperienza materna durante il travaglio e la nascita.

Tra gli episodi percepiti con maggiore disagio dalle intervistate, spicca l’episiotomia, praticata senza consenso o percepita come non necessaria da oltre la metà delle donne (54%). Inoltre, circa il 27% ha dichiarato di essersi sentita assistita solo parzialmente dal personale sanitario. Mentre il 19% ha lamentato assenza di privacy; di non aver potuto avere accanto una persona di fiducia durante il travaglio; e lunghe attese in reparto senza alcuna assistenza.

Cosimo Mazzotta

LAUREATO IN GIURISPRUDENZA ALL'UNIVERSITA' DEL SALENTO CON UN ANNO DI STUDI IN SPAGNA PER APPROFONDIRE LE TEMATICHE DI DIRITTO INTERNAZIONALE. MI INTERESSO DI CRONACA, POLITICA INTERNA E SPETTACOLO. MI PIACE IL DIALOGO IN OGNI SUA FORMA. SFOGO IL MIO SPIRITO CRITICO ATTRAVERSO LA PAROLA E IL DISEGNO.

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