«Non è un piano dell’amministrazione, ma una lista di desideri dei russi». Marco Rubio, Segretario di stato statunitense, avrebbe parlato così a un gruppo di senatori bipartisan durante una riunione. Come ha detto il senatore indipendente Angus King, il piano è un insieme delle richieste della Russia, che gli Stati Uniti stanno usando come base per trattare con gli ucraini. Rubio ha smentito sui social media, e ha ribadito che il piano «è stato scritto dagli Stati Uniti» usando idee sia da parte russa sia da parte ucraina. La questione non è banale. Se fosse vera l’indiscrezione di una lista dei desideri russi, significa anche che i margini di manovra e trattativa sono abbastanza ampi. Se invece rappresentassero il volere americano, allora per l’Ucraina sarebbe molto più difficile poter rigettare anche solo pochi punti.
La diplomazia
Anche il primo ministro polacco Donald Tusk ha espresso proprio questo concetto: dicendo che «prima di iniziare a lavorare sul piano, sarebbe bene sapere per certo chi l’ha scritto e dove è stato creato». Al momento tutte le ricostruzioni puntano sulla lista russa, creata a Miami durante un incontro tra Steve Witkoff, capo dei negoziatori di Trump; Jared Kushner, genero di Trump attivo nella diplomazia dell’amministrazione; e Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo e rappresentante del regime di Putin.

In tutto questo Rubio, sebbene sia il capo della diplomazia statunitense, sarebbe stato aggiornato della presenza del piano soltanto in un secondo momento. Anche Trump ne avrebbe ricevuto notizia all’ultimo, ma avrebbe deciso di appoggiarlo perché ritenuto una buona occasione per ottenere un accordo rapido mettendo alle strette gli ucraini. Rubio si è dovuto adeguare alle posizioni del trumpismo per necessità, ma la sua storia, anche personale, lo colloca nelle file dei repubblicani moderati. La proposta di pace in 28 punti, non solo l’ha colto impreparato, ma anche in disaccordo. Ha quindi cavalcato immediatamente le resistenze europee ed ucraine per riasserire il proprio ruolo e scavalcare Witkoff. Così il piano da definitivo è diventato una base di ripartenza per i negoziati, che si sono svolti domenica 23 novembre in Svizzera.
Le trattative a Ginevra

All’incontro a Ginevra tra rappresentanti statunitensi e ucraini per discutere del “piano Trump”, entrambe le parti hanno confermato dei progressi nelle trattative. Marco Rubio si è detto «molto ottimista» che un accordo possa essere raggiunto «in tempi ragionevoli» e Andriy Yermak, capo della delegazione ucraina, ha parlato di «progressi molto buoni».
Nel fine settimana il presidente statunitense ha dato all’Ucraina tempo fino a giovedì 27 – il giorno del Ringraziamento – per accettare il piano. Rubio ha però fatto intendere che la scadenza potrebbe essere rimandata. Nei prossimi giorni ci saranno altri incontri tra delegazione Usa e Ucraina per modificare il piano. Martedì si incontreranno anche i leader europei.
I piani a confronto
Una controproposta al piano russo-americano esiste: la proposta di Francia, Germania, Regno Unito e Commissione Ue. Il piano, composto da 28 punti, corregge la linea americana, partendo proprio dalle concessioni territoriali. Se il progetto Usa concede alla Russia le parti di Lugansk e Donetsk, per gli europei è fondamentale rispettare l’integrità territoriale, ed è da discutere dopo un cessate il fuoco. E il negoziato inizierà dalla Linea di Contatto e non dal riconoscimento di fatto di alcune aree come russe. Le dimensioni dell’esercito ucraino potrebbero variare da 600mila effettivi e 800mila “in tempo di pace”, con garanzie di sicurezza simili all’art. 5 della Nato. Ma, secondo il piano statunitense Kiev dovrà sancire nella costituzione la non adesione al Patto Atlantico, mentre per l’Ue, l’adesione all’alleanza difensiva dipenderà dal consenso all’interno dell’alleanza. Nessun veto invece, per l’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea.