Il D10s del calcio non c’è più. Addio Diego, il diez di tutti i diez

Ho fatto quello che ho potuto, non credo di essere andato così male

Diego Armando Maradona

Un fulmine a ciel sereno nel cuore di tutti gli appassionati di calcio. Dall’Argentina è infatti arrivata la tragica notizia della morte a soli 60 anni di Diego Armando Maradona. A riportarla è la testata argentina Clarin che ha identificato la causa della morte in un infarto. 

Maradona era stato recentemente operato al cervello ma stando a quanto sostenevano i medici l’intervento era andato a buon fine e Diego era tornato nella propria abitazione a Tigre, in Argentina. In suo ricordo sono stati istituiti tre giorni di lutto nazionale per ricordare uno dei suoi miti. 

Considerato come il miglior calciatore (e il miglior numero 10) di tutti i tempi, Maradona è ricordato con affetto da tutto il mondo, ma anche da tutta l’Italia e soprattutto da Napoli visto che disputò in maglia azzurra sei stagioni. Nel capoluogo campano Maradona fu molto più che un calciatore issandosi a bandiera partenopea in grado di soverchiare il panorama calcistico italiano battendo Juventus, Milan e Inter ma soprattutto portando alla ribalta il sud nella lotta sociale contro il nord. 

Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires

La vita privata travagliata e i colpi di geni in campo

La vita una volta lasciato il calcio è stata molto travagliata con tanti problemi legati alle droghe e all’abuso di alcol che ne hanno compromesso la salute psico-fisica. A 60 anni dunque se ne va un pezzo di storia del calcio in grado di far appassionare milioni di persone disegnando opere d’arte sul rettangolo verde. Celebri le sue gesta con il Napoli (come il gol alla Juventus su punizione) ma indimenticabile la doppietta segnata in semifinale di Coppa del Mondo in Messico nel 1986 all’Inghilterra: il primo gol varrà a Maradona il soprannome di Mano de Dios mentre il secondo, un’azione personale da centrocampo, lo consacrerà definitivamente come dio del calcio trascinando l’Argentina a vincere il suo secondo mondiale tutt’altro che da favorita.

Roberto Balestracci

24 anni, quasi 25. Laureato in Scienze della Comunicazione, coltivo da sempre la passione per lo sport e per le sue emozioni. Interista, porto la Maremma nel cuore. Ma non solo. Il diploma in violino al conservatorio di Siena mi permette di collegare due mondi, sport e musica, apparentemente lontani

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