Il calcio nel caos, scontro nelle istituzioni e club in crisi economica

Chiusa la sessione invernale di mercato, esplode la bomba dello scontro riguardante gli aiuti economici al mondo del calcio. Una battaglia preannunciata, covata e con protagonisti precisi. Non solo i ristorisul piatto, ma anche una radicale riforma dello Statuto della FIGC. 

LA LETTERA AL CENTRO DELLO SCONTRO

La “goccia che ha fatto traboccare il vaso” è una lettera inviata dai club della Lega Serie A indirizzata a Giovanni Malagò, presidente del CONI e a Valentina Vezzalisottosegretario allo sport. In questa lettera, dal testo non ancora pubblicato, le venti squadre del massimo campionato accusano apertamente il presidente della FIGC Gravina in merito, soprattutto, al punto in cui viene detto nella riforma che le leghe associate debbano scrivere da sole regolamenti e statuti.

CAOS TOTALE TRA I CLUB

Non solo, però, l’attacco diretto a Gravina, ma anche uno scontro interno alla Lega. La lettera incriminata, infatti, è a nome di tutti i venti club ma la versione finale, quella inviata, non sarebbe stata letta da tutte le squadre. Per chiarire, ben otto club su venti (cioè Bologna, Cagliari, Torino, Empoli, Genoa, Milan, Roma e Venezia) hanno immediatamente lamentato di non aver approvato ciò che c’è scritto nella lettera. Il testo della stessa è stato stilato da Campoccia (Udinese), Cappellini (Inter), Fanini (Verona) e Romei (Sampdoria), a quanto pare sotto il controllo di Claudio Lotito. La chiarezza sulla missiva, al centro dello scontro, arriverà solo alla pubblicazione del testo della stessa.

LE CONSEGUENZE SUL MONDO DEL CALCIO

Gabriele Gravina, obiettivo dell’attacco, non l’ha prevedibilmente presa bene. In un momento in cui la FIGC sta operando per conto del mondo del calcio per trattare i ristori e gli aiuti ai club, dimostrare di essere totalmente disuniti non è un segnale positivo.

Gabriele Gravina, presidente della FIGC

«La lettera mette in mostra una lacerazione che di certo non giova alle iniziative che questa Federazione ha intrapreso nell’interesse del sistema calcio in generale e della Lega di Serie A in particolare» ha affermato il presidente della FIGCesprimendo preoccupazione. Non solo a parole: ha annunciato che se la Lega non recepirà le norme della riforma sarà commissariata. Non subito, il tempo concesso è di quindici giorni

IL DILEMMA DEGLI AIUTI AL MONDO DEL CALCIO

Al centro dello scontro, come prevedibile, sono sempre i soldi. Soldi che nel calcio italiano sembrano scarseggiare per qualcuno e abbondare per altri. L’ultima sessione di calciomercato ha proprio lanciato questo segnale di spaccatura: c’è chi spende e c’è chi non spende. O peggio, c’è chi spende soldi che non ha, almeno in teoria. L’affaire Vlahovic ha solo scoperchiato il problema: il serbo, stella assoluta della Serie A, è passato alla Juventus per complessivi 75 milioni di euro alla Fiorentina7 all’anno di stipendio. Dall’analisi del sito specializzato Calcio&Finanza. La Juventus, senza i 400 milioni iniettati dall’aumento di capitale effettuato dal maggior azionista Exor, non avrebbe potuto portare a termine l’affare.

I due anni di pandemia hanno inciso sicuramente sulla salute economica del mondo calcio, non solo in Italia. Attenendoci però al calcio nostrano, è giusto fare delle osservazioni: sempre seguendo le indicazioni di Calcio&Finanza, che mette in luce la situazione economica di alcuni dei maggiori club.

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Tabella sui debiti di alcuni club di Serie A

Osservando tali situazioni finanziarie, e osservando le cifre spese sul mercato, viene spontaneo da domandarsi il perchè di queste richieste di aiuto. Il calcio genera annualmente 4.7 milioni, di cui 1.2 miliardi vanno in tasse al fisco. Tuttavia analizzata la situazione patrimoniale e parametrandola alle spese dell’ultima sessione di mercato di gennaio 2022 si possono trarre conclusioni interessanti.

CHI SPENDE, CHI NON SPENDE

Lazio e Milan hanno speso pochissimo: 1 milione i biancocelesti per Jovane Cabral, con diritto di riscatto a 8. 5 milioni il Milan, per il giovanissimo classe 2004 Marko Lazetic. Zero euro spesi per la Roma, con gli arrivi di Maitland-NilesSergio Oliveira in prestito. 25 milioni per Robin Gosens dall’Atalanta all’Inter, che possono essere arrotondati a 30 con i bonus. Come detto, grandi manovre per Juventus e Inter: i bianconeri hanno speso 75 milioni per Vlahovic per Dennis Zakaria. A fronte dei due acquisti, sono arrivate le cessioni di Rodrigo BentacurDejan Kulusevski: l’uruguaiano, classe 97′, è stato venduto a 19 milioni+6 di bonus, mentre per il giovanissimo svedese l’accordo è più complesso: 5 milioni per il prestito, obbligo di riscatto35 milioni al realizzarsi di determinate condizioni.

COME LA JUVENTUS HA ACQUISTATO DUSAN VLAHOVIC

Il colpo di gennaio, manco a dirlo, è quello del serbo da parte della società torinese. La Juventus, come già sottolineato nella tabella precedente, è una societa in difficoltà economica e sportiva. Tuttavia, è comunque controllata da una holding ricchissima come Exor. Exor è la cassaforte della Famiglia Agnelli, con ricavi nel 2021 di 136 miliardi di euro. La solidità economica del gruppo controllante la Juventus, quindi, è indiscussa. Negli ultimi anni alcuni investimenti sbagliati e una gestione sportiva non di alto livello hanno abbassato i risultati della squadra e messo in difficoltà il bilancio. Proprio per questo, si coglie la principale motivazione per cui appare necessario investire su Vlahovic. Il centravanti arriva grazie a numerose operazioni economiche.

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Vlahovic, nuovo centravanti della Juventus

Nei primi giorni di gennaio Exor effettua un aumento di capitale di 400 milioni. Di questi 400 milioni. «L’Aumento di capitale si inserisce nel contesto delle misure atte a far fronte ai rilevanti impatti economici e patrimoniali della pandemia da Covid-19 e consentirà di rafforzare la struttura patrimoniale della Società e riequilibrare le fonti di finanziamento a supporto del raggiungimento degli obiettivi strategici del Piano di sviluppo per gli esercizi 2019/24 (il “Piano di sviluppo” o il “Piano”), che sono stati confermati: consolidamento dell’equilibrio economico e finanziario, mantenimento della competitività sportiva e incremento della visibilità del brand Juventus» comunicava la Juventus in merito all’operazione finanziaria effettuata sui propri canali. 

La distribuzione dei milioni è cosi progettata
– 145 milioni per bisogni economici per i prossimi 12 mesi
– 175 milioni di cui 1/2 per il rifinanziamento di debiti a medio termine verso banche e creditori e 1/2 per il mantenimento della competitività sportiva. In altre parole, per la campagna acquisti. Di fatto, quindi, se anche la Juventus volesse pagare il cartellino di Dusan Vlahovic in un’unica soluzione, avrebbe le capacità economiche per farlo. Eventualità che non si verificherà: Vlahovic sarà pagato in tre rate da circa 23 milioni l’anno. L’acquisto di Dennis Zakaria per 7 milioni, quindi, non è un problema.

AIUTI? C’E’ CHI DICE NO

La questione aiuti, alla luce delle situazioni economiche analizzate, pare di difficile gestione. Come già detto, l’industria calcio è un settore produttivo e funzionante, ma si regge su regole tutte sue. Gli investimenti virtuosi non sono numerosi, il debito generale è altissimo e soprattutto, come si intuisce dalle parole del sottosegretario allo sport Valentina Vezzali, il calcio non è l’unico sport in Italia.
«Riguardo al calcio siamo intervenuti, pur nelle oggettive e gravi difficoltà del momento, con il credito d’imposta del 50% sulle sponsorizzazioni e con i ristori sui tamponi e altre spese sanitarie. Inoltre le società – ha proseguito – hanno usufruito del ‘Decreto Crescita’ e di quello degli ‘impatriati’, oltre alle agevolazioni sulle imposte. Lo sport, e il calcio, non devono però dimenticare come la crisi sia antecedente al Covid. Non si possono solo invocare aiuti di Stato: il Governo e la politica possono spingere sull’acceleratore, ma per un reale cambio di passo, c’è bisogno che anche il calcio cominci a correre».

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Valentina Vezzali, sottosegretario allo sport

Le parole della Vezzali sono chiare: aiuti si, ma il calcio deve diventare sostenibile. Il debito è in economia uno strumento positivo quando volto alla crescita, diventa invece uno spauracchio quando viene creato senza possibilità di ricavi concreti. Proprio qui sembra che alcune società italiane si stiano muovendo in tal senso.

IL CASO MILAN

Il Milan è partito pochi anni fa una situazione economica totalmente disastrosa, che portò addirittura ad un anno di squalifica dalle coppe europee: il subentro del nuovo proprietario Elliott ha portato il ripianamento quasi totale dei debiti, la riduzione dei costi e un debito complessivo sceso dai 190 milioni del 2020 ai 94 del 2021.

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Maldini, leggenda e dirigente del Milan

Conciliare la riduzione continua dei costi e la competitività sportiva è un obiettivo difficile, e il Milan in questo senso sta lavorando attirandosi anche le ire dei tifosi. Nessuna spesa eccessiva per i cartellini, stipendi calmierati e no alle richieste di rinnovo di calciatori eccessivamente onerosi: non è un caso che i rossoneri, nel corso del 2021, abbiano perso a parametro zero Gianluigi DonnarummaHakan Calhanoglu per questo motivo.

Le richieste dei due calciatori, fuori parametro evidentemente per la proprietà, sono state respinte. Stesso problema che si sta ponendo con Franck Kessiè, le cui richieste vanno oltre i 6 milioni offerti dal Milan. Sul mercato di gennaio, come detto in precedenza, il Milan ha acquistato solo un giovanissimo centravanti serbo, Marko Lazetic, per 5 milioni. Una operazione in prospettiva, ma che non può naturalmente soddisfare immediatamente i tifosi.

IL FUTURO OSCURO DEL CALCIO

Appare, in conclusione, evidente come il calcio italino abbia si bisogno di aiuti ma abbia anche bisogno “di aiutarsi”. Gli investimenti onerosi devono essere ridotti, devono aumentare quelli sui giovani e sul calcio sostenbile: appare chiaro come l’epoca dei presidenti-mecenate sia conclusa abbondantemente a favore di un calcio fatto di attenzione ai conti e senza uscite monetarie roboanti non sostenibili al 100%. Ciò significa perdere terreno rispetto alle avversarie straniere: il Real Madrid che offre 50 milioni l’annoKylian Mbappè è una maniera di fare calcio non sostenibile e distante dai bisogni dello sport di oggi.

Umberto Maria Porreca

Sono volato dalla più profonda costa Abruzzese a Milano col sogno del giornalismo sportivo nel cassetto e poche certezze nelle tasche e nella testa. Mio padre mi voleva ingegnere, ma la matematica non sarà mai il mio mestiere. Amante della musica italiana e del buon cibo da ovunque esso provenga, ho scritto per due anni per il settimanale di calcio giovanile lombardo/piemontese Sprint&Sport e ho collaborato con The Shot, testata di basket. Lo sport (parlato, non praticato) è il mio pane e la mia vita è stata profondamente influenzata da Andriy Shevchenko. Inseguo il mio sogno sulle note di Fabrizio De Andrè.

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