Google sospende la licenza Android a Huawei, cosa succede adesso

Google ha sospeso la licenza Android che forniva a Huawei, in seguito alle limitazioni imposte negli ultimi giorni dal governo degli Stati Uniti a numerose aziende tecnologiche cinesi. La decisione avrà molte conseguenze per Huawei e per chi utilizza i suoi smartphone, perché di fatto esclude il produttore cinese da diversi servizi offerti da Google, compresi gli aggiornamenti al sistema operativo.

La casa di Shenzen, da adesso in poi infatti, potrà far usare i suoi dispositivi solo con la versione pubblica e open source del sistema operativo. Programmi come Google Play e il sistema di sicurezza Google Play Protect invece continueranno a funzionare sui dispositivi già venduti.

Diverso il discorso quando sarà disponibile Android Q, la nuova versione del sistema operativo già in mano agli sviluppatori e pronta a debuttare entro l’anno. Gli utenti Huawei e Honor (altro marchio della società), sia nuovi sia vecchi, potrebbero perciò non essere in grado di usarla.

La decisione di Alphabet (Google), anticipata domenica da Reuters, è una diretta conseguenza delle restrizioni commerciali imposte dal governo americano. Huawei, accusata di rappresentare un rischio per la sicurezza nazionale, è infatti una delle 44 realtà cinesi obbligate a chiedere la licenza governativa per avere rapporti commerciali con gli Usa.

La sospensione della licenza fa sì che Huawei possa utilizzare solamente la versione open source di Android, messa a disposizione tramite l’Android Open Source Project (AOSP). È una versione base del sistema operativo, sulla quale poi Google costruisce la versione che viene solitamente installata sugli smartphone dei principali produttori, con accordi e licenze d’uso. Aosp comprende diverse funzionalità, ma non tutte quelle che Google offre come servizi aggiuntivi tramite le sue applicazioni e che gli utenti sono ormai abituati a trovarsi su uno smartphone Android.

Huawei è il secondo produttore di smartphone al mondo con il 19% del mercato, dietro al 32% di Samsung e davanti all’11% di Apple (fonte: Idc, primo trimestre 2019). Anche in Italia è secondo, considerando sia Huawei sia il suo marchio Honor, con il 32%(fonte: Gfk, marzo 2019). Da parte sua, Android viaggia oltre l’80% del mercato degli smartphone.

Inoltre il 48% delle entrate di Huawei dipende dalle vendite ai consumatori (non solo smartphone dunque, anche tutti gli altri suoi prodotti hi-tech). Gli analisti sono concordi nel definire la situazione disastrosa per l’azienda di Shenzen: secondo Richard Windsor di Radio Free Mobile, «probabilmente la perdita dell’ecosistema Google costerà a Huawei tutte le sue spedizioni di smartphone fuori dalla Cina».

È difficile infatti immaginare che i device Huawei senza più Android possano avere lo stesso appeal fra i consumatori. Le conseguenze per il produttore cinese, insomma, potrebbero essere quindi molto pesanti; Apple e Samsung già si sfregano le mani. Le ripercussioni inoltre si potrebbero allargare a 360 gradi e raggiungere una portata ancora superiore; basti pensare ai già delicati rapporti tra Usa e Cina.

E non è finita qua. Secondo Bloomberg, oltre a Google anche altre aziende tecnologiche statunitensi stanno rivedendo i loro contratti con Huawei per rispettare le decisioni del governo statunitense. Si tratta di Intel (principale fornitore di chip per server), Qualcomm (processori e modem per gli smartphone), Xlilinx e Broadcom che stanno sospendendo le forniture dei loro componenti, che Huawei utilizza nei suoi dispositivi. La società cinese, in vista di questa eventualità, aveva fatto scorte che dovrebbero essere sufficienti per la produzione di smartphone e computer per i prossimi tre mesi. Poi dovrà organizzarsi in altra maniera.

«Huawei ha dato un contributo sostanziale allo sviluppo e alla crescita di Android in tutto il mondo», scrive il colosso cinese in una nota di risposta. «Continueremo a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti i prodotti Huawei e Honor esistenti per smartphone e tablet che coprono quelli venduti o ancora disponibili a livello globale. Continueremo a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile, al fine di fornire la migliore esperienza per tutti gli utenti a livello globale».

Niccolò Bellugi

Senese, laureato in Scienze Politiche. Da toscano capita che aspiri qualche consonante, ma sulla "c" ci tengo particolarmente: Niccolò, non Nicolò. La mia è una sfida: mascherare il mio dialetto originario per poter lavorare in televisione o radio. Magari parlando di Sport. Ma tutto sommato va bene anche un giornale, lì non ho cadenze di cui preoccuparmi.

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