Sotto la pioggia, tra applausi e commozione, spunta qualche garofano rosso. Il funerale di Paolo Pillitteri, ex sindaco della Milano da bere, è uno scorcio su un mondo politico che sembra andato perduto. La chiesa di Santa Maria del Suffragio, oltre alle autorità, accoglie fila di ex e attuali socialisti venuti a salutare l’ultimo sindaco con il garofano della città, morto poco dopo chi il garofano lo aveva disegnato sulla bandiera del partito, Filippo Panseca.
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Pillitteri e il Socialismo
Tra chi indossa il garofano c’è Bobo Craxi, figlio di Bettino e nipote dell’ex-sindaco: «Pillitteri sapeva unire il pragmatismo proprio dei sindaci di Milano, che hanno a che fare con una città enorme, piena di problemi ma anche di opportunità, a una cornice solidale. Sapeva dare attenzione alla società che soffre. E parlo di problemi vecchi e nuovi, come le abitazioni, il costo della vita, dei ricoveri per gli anziani, la sanità che funziona e non funziona. Insomma, tutto questo significa semplicemente fare il bene comune».
Secondo Craxi, Pillitteri ereditava una grande tradizione di sindaci socialisti che «non può essere scollegata dalla storia municipale milanese, perché il riformismo nasce proprio a Milano».
Una tradizione che oggi non è in grado di affermarsi a sinistra. «Il Socialismo o si adatta ai suoi tempi o diventa un alfabeto morto. Come insegnano i grandi precursori è un work in progress. Deve sapersi adattare, fermo restando le coordinate che sono sempre le stesse. Ovvero, la giustizia sociale e la possibilità che il progresso non travolga i ceti più deboli. Esiste ancora una domanda di socialismo, ma nessuno è in grado di offrirla. Senza dubbio non noi che siamo la continuità di questa stagione. Al tempo stesso, i partiti in Italia sono molto fragili e la prova sono i risultati delle elezioni. Se il 50% degli aventi diritto non va a votare, la democrazia diventa fragile. Anzi, quando la democrazia perde la cittadinanza inizia a dimostrare segni di morte prematura e siamo già di fronte a questo rischio».