Il Giorno del Ricordo è una giornata commemorativa istituita in Italia nel 2004 per celebrare la memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata avvenuto dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. In quella data l’esercito italiano si arrendeva in maniera incondizionata agli Alleati.
Questa giornata è stata istituita il 10 febbraio in quanto giorno di ricorrenza del Trattato di Parigi che nel 1947 assegnava l’Istria, il Quarnaro, la provincia di Zara e gran parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia. In precedenza, questi territori facevano parte dello stato italiano.
Il Giorno del Ricordo rappresenta anche un’occasione per rivolgere un pensiero a coloro che hanno sofferto durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale e nei decenni successivi. Questa giornata rappresenta anche un’occasione di riflessione sulla pace e sulla tolleranza.
Cosa sono le foibe
Le foibe sono delle caverne verticali, tipiche della regione del Carso che, durante la Seconda Guerra Mondiale, sono state utilizzate come luoghi di sepoltura per le vittime di eccidi compiuti dalle truppe jugoslave.
La prima ondata di violenze avvenne con lo sfaldamento delle forze armate italiane dopo il crollo del regime mussoliniano. I tedeschi occuparono i centri strategici di Trieste, Pola e Fiume, mentre nelle regioni interne dell’Istria il movimento di liberazione jugoslavo assunse il potere. Il quadro divenne presto estremamente confuso tra l’insurrezione dei contadini e l’arrivo delle formazioni partigiane croate.
Si instaurarono “poteri popolari”, l’Istria venne annessa alla Croazia e subito cominciarono gli arresti. I partigiani dei Comitati popolari di liberazione di Tito istituirono tribunali che emisero centinaia di condanne a morte. L’intenzione era quella di vendicarsi dei fascisti accusati di aver amministrato quei territori nell’intervallo tra le due guerre, con durezza e imponendo una italianizzazione forzata. Ma le vittime non furono solo gerarchi fascisti, o esponenti politici e istituzionali, anche semplici personaggi in vista della comunità italiana erano considerati un ostacolo per l’affermazione del nuovo corso politico.
La seconda parte del conflitto
Nel maggio del 1945 iniziò la seconda fase del fenomeno, quella che diede luogo al più alto numero di vittime. Gli jugoslavi, al comando del generale Petar Drapšin, puntarono verso Fiume, l’Istria e Trieste. L’ordine era di occupare la Venezia Giulia nel più breve tempo possibile, anticipando quindi gli alleati anglosassoni. Le autorità iugoslave diedero il via a un’ondata di arresti che diffuse il panico tra la popolazione italiana, soprattutto a Trieste, Gorizia e Pola.
Di conseguenza, circa 350 mila italiani furono costretti a fuggire dalle loro case a causa delle rappresaglie jugoslave. Molti di questi profughi hanno subito violenze e abusi, e molti sono morti durante il viaggio o sono stati internati nei campi di concentramento. Parte delle vittime fu occultata nelle foibe.
Secondo alcuni racconti, le uccisioni avvenivano in maniera spaventosamente crudele. I condannati venivano legati l’un l’altro con un lungo filo di ferro stretto ai polsi e schierati sugli argini delle foibe. Successivamente il plotone sparava raffiche di mitragliatrice ma soltanto ai primi tre o quattro della catena, i quali, precipitando nell’abisso, morti o gravemente feriti, trascinavano con sé gli altri sventurati, costretti a sopravvivere per giorni nei fondali delle foibe.
Spesso, la storiografia ufficiale ha ignorato o minimizzato questi fatti, ma negli ultimi anni ha cercato di fare luce su questo triste capitolo della storia italiana.
Le celebrazioni di quest’anno
Il momento centrale delle celebrazioni del Giorno del Ricordo è rappresentato dalla cerimonia commemorativa che si tiene al Monumento nazionale della Foiba di Basovizza (Trieste). Tutti gli anni si riuniscono le autorità civili, militari, religiose e dei rappresentanti del Comitato per i Martiri delle Foibe.
Per celebrare il Giorno del Ricordo, il Quirinale ha organizzato una proiezione di un filmato commemorativo realizzato da Rai Storia. In seguito, l’intervento del presidente di FederEsuli Giorgio de Vergottini. Successivamente il coro della banda musicale di Trieste ha eseguito un brano musicale a a cui è seguito l’intervento di Giovanni Orsina, professore ordinario di Storia Contemporanea all’Università Luiss Guido Carli di Roma. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha concluso l’evento dichiarando che «la furia dei partigiani titini si accanì, in modo indiscriminato ma programmato, su tutti: su rappresentanti delle istituzioni, su militari, su civili inermi, su sacerdoti, su intellettuali, su donne, su partigiani antifascisti».