Sguardo fisso, quasi sfidante. È così che ricorderemo Alessandro Impagnatiello il giorno della sentenza per l’omicidio di Giulia Tramontano. Il giorno in cui la parola ergastolo, che probabilmente risuonava da tempo nella sua mente – perché quasi inevitabile – è stata pronunciata ad alta voce dai giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Milano.
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Il dispositivo è stato letto alle 12.38 del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il barman 31enne entra in aula scortato dalla polizia penitenziaria. Testa rasata, maglione grigio e blu e un aspetto meno trasandato rispetto alle altre udienze. Lo sguardo fisso verso i giudici e le decine di giornalisti pronti a cogliere ogni sua sfumatura. In lui non si legge paura, ma più rassegnazione e quasi impazienza di fronte a un destino forse inevitabile. La mano che nasconde il labiale, mentre domanda all’avvocato quanto ancora deve attendere. Alle sue spalle, la famiglia di Giulia Tramontano, a cui non rivolge nessuno sguardo.
Il commento dell’avvocata della difesa
L’avvocata Giulia Gerardini si è battuta fino alla fine per convincere la giuria che nell’atto del suo assistito non ci fosse premeditazione. Secondo la linea difensiva, a scatenare la rabbia di Impagnatiello era infatti stato l’incontro tra Giulia Tramontano e Allegra Cerea, l’altra donna. «Abbiamo esercitato la nostra professione, in questo caso siamo avvocati, non persone. La sentenza era prevedibile, ma il fatto che sia stata tolta un’aggravante è un traguardo. Alessandro si aspettava questa sentenza, l’ha accettata», ha dichiarato Gerardini. La Corte ha accolto tutte le richieste dei pubblici ministeri, Letizia Mannella e Alessia Menegazzo, tranne l’aggravante dei futili motivi. Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo con tre mesi di isolamento diurno e un risarcimento di 700mila euro alla famiglia Tramontano. All’imputato sono stati ascritti i reati di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non volontaria.
La famiglia di Giulia: «L’ergastolo è il giusto epilogo»
A qualche secondo dalla lettura del dispositivo, i familiari si stringono in un abbraccio. Il pianto di dolore di mamma Loredana sovrasta il caos generatosi nell’aula gremita di persone. «Dopo la morte di Giulia, io non sono più una mamma, mio marito non è più un padre e i nostri figli saranno segnati a vita da questo dolore».
È Chiara, sorella di Giulia, a prendere la parola: «Oggi c’è stato un verdetto giusto, ma questa sentenza è solo il normale epilogo della giustizia. Bisognerebbe fare molto di più. Non si dovrebbe aspettare il giusto dispositivo per gridare alla violenza contro le donne».
Nonostante il verdetto sia stato letto nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, non ha restituito il dovuto conforto alla famiglia. «Manterremo sempre vivo il ricordo di Giulia. Per noi sarà sempre esempio di coraggio e determinazione. Nella speranza che la sua storia possa aiutare altre donne a denunciare». Un’idea che si è concretizzata in un flashmob, organizzato dai Tramontano al termine dell’udienza.
«Tutto il caos che c’è oggi in quest’aula è l’opposto di quello che Giulia avrebbe voluto. Ma le persone come lei, che hanno una coscienza e un animo così gentile, generano tanto rumore. Anche quando il suo cuore era distrutto, lei ha pensato a un’altra donna prima che a sé stessa. Giulia pensava prima agli altri».
L’opinione dell’avvocato Cacciapuoti
Non è una vendetta, ma «l’unica sanzione possibile». Così, l’avvocato Giovanni Cacciapuoti, legale di parte civile della famiglia Tramontano, ha commentato la sentenza. Un verdetto accolto con «estremo favore», perché riconosce tutte le aggravanti richieste dalle PM, eccezion fatta per quella dei futili motivi. Non una vittoria perché «la famiglia è stata sconfitta quando Giulia ha smesso di vivere per la bieca e malvagia responsabilità di quello che doveva essere il suo compagno e il padre di suo figlio», continua l’avvocato.
Inoltre, secondo Cacciapuoti, «l’ergastolo è per la famiglia una consolazione relativa, perché evita almeno una beffa». Un esito diverso non era mai stato preso in considerazione dai famigliari e dai loro legali perché sia le indagini che il processo deponevano in maniera univoca verso questa condanna.
Cacciapuoti ha poi sottolineato il grande affetto ricevuto dai Tramontano in questi mesi, facendosi portavoce della famiglia in una giornata importante come quella contro la violenza sulle donne: «L’auspicio è che nessun’altra madre, nessun altro papà, sorella o fratello, abbia da soffrire pene così grandi. La speranza – ha aggiunto il legale – è che l’interazione tra gli uomini e le donne eradichi tutte quelle situazioni discriminatorie ad oggi non più tollerabili».