Il Botswana sta pensando di riaprire la caccia agli elefanti, introducendo perfino l’uso alimentare della loro carne per farne cibo in scatola per animali.
L’ipotesi, elaborata durante una serie di sessioni di ascolto fra ministri e proprio su imput del presidente Mokgweetsi Masisi, si basa sui dati sulla popolazione di elefanti del Botswana, stimata in circa 130mila esemplari. Un numero eccessivo, secondo alcuni esperti, per l’ecosistema e pericoloso per la convivenza con l’uomo. Complici di questo netto aumento sarebbero diversi fattori, tra cui il cambiamento climatico. E così, nel tempo, gli elefanti hanno cominciato ad ampliare il loro «spazio vitale», finendo per scontrarsi sempre più spesso con le popolazioni rurali, anche queste in crescita e sempre più bisognose di terre.
Contro la revoca del bando, che vieta la caccia dei grandi mammiferi, si schierano però altri esperti, secondo i quali i 4 anni di moratoria sulla caccia, decisa nel 2014 dall’allora presidente, Ian Khama, e la conseguente crescita della popolazione di pachidermi selvatici, ha accompagnato la crescita del turismo nel Paese africano. Per cui una ripresa della caccia selettiva, secondo loro, danneggerebbe la reputazione del Botswana, con un danno al settore turistico, che è la seconda voce del reddito del Botswana dopo l’estrazione dei diamanti.
Tra i beneficiari di questa decisione ci sarebbero gli abitanti del remoto nord del Paese, che accusano il Governo di aver perso ettari di terra e raccolti a causa dell’avanzata degli elefanti, in grado di distruggere piantagioni e proprietà con il loro peso. «Con la diminuzione delle piogge – commenta Otisitwe Tiroyamodimo, direttore del Dipartimento dei Parchi nazionali del Paese – la vegetazione ha iniziato a deteriorarsi e gli elefanti sono migrati al di fuori del loro raggio naturale per trovare cibo e acqua. Il numero di questi animali è in aumento ma di pari passo anche gli abitanti del Botswana sono in aumento e di conseguenza cresce la richiesta di terre da parte della popolazione». Favorevoli anche tutti coloro che lavoravano nel settore della caccia regolamentata e che, dal 2014, sono disoccupati.