Dazi, la marcia indietro di Trump e la guerra con la Cina

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato sul suo social Truth una pausa di 90 giorni sull’applicazione dei dazi annunciati nel Liberation Day del 2 aprile. L’eccezione è rappresentata dalla Cina, che invece si vede aumentare i dazi fino al 125%. Le borse continuano il periodo di elevata instabilità: dopo l’annuncio tutti i mercati hanno iniziato una corsa in positivo.

Le motivazioni

La Casa Bianca ha presentato questa mossa non come una retromarcia ma una strategia negoziale. «Era il piano fin dall’inizio» ha affermato il segretario del Tesoro Scott Bessent. «Avete appena assistito alla più grande strategia economica mai realizzata da un presidente americano» ha detto il consigliere di Trump Stephen Miller. In realtà dopo giorni di crolli dei mercati Trump ha ceduto sui dazi principalmente perché spaventato dalla possibilità di una crisi finanziaria prolungata e di una recessione dell’economia.

Ma non solo, a preoccupare il tycoon c’è anche un elemento irregolare nelle tempeste finanziarie. Di solito quando soffia il vento della crisi gli investitori si rifugiano nei prodotti americani sicuri: i Titoli del Tesoro e il dollaro. Entrambi di solito salgono di valore, facendo scendere così i costi del crescente debito del governo americano. Nel caso dell’uragano dazi è accaduto il contrario. Dall’inaugurazione del Liberation day il dollaro ha perso il 2% sulla media delle altre principali valute. Qualcuno stava vendendo la carta sovrana degli Stati Uniti facendo crescere il costo del debito.

La diplomazia del più forte
Il ministro del Tesoro USA Scott Bessent

Il cambio di decisione di Trump sui dazi è comunque stato un’opera di convincimento durata alcuni giorni, soprattutto del segretario del Tesoro Bessent e di quello del Commercio Howard Lutnik. Dopo i primi giorni di crolli del mercato Bessent e Lutnik hanno capito che sarebbe potuto andare avanti per mesi, provocando una recessione. Bessent ha cominciato a parlare con Trump della possibilità di rimodulare i dazi, facendo leva sulla sua vanità di negoziatore. Gli ha sussurrato nelle orecchie che nessuno era più bravo di lui a stringere affari, che decine di Paesi nel mondo erano pronti a trattare con lui. Spingendo così sulla retorica dell’uomo forte che avrebbe avuto il potere nelle negoziazioni con i vari Paesi. «Questi Paesi ci chiamano, mi baciano il culo, stanno morendo dal desiderio di fare un accordo». Leggendo l’uscita sopra le righe del tycoon, questo tipo di retorica ha avuto presa sul presidente.

Cina, i dazi aumentano ancora

Il passo indietro di Trump permette una tregua di 90 giorni dai dazi. Per la maggior parte dei Paesi si tratta di un periodo di respiro e consente una piccola finestra per una trattativa con il Presidente Usa. La deroga delle tariffe però non ha incluso la Cina. Il “Dragone” asiatico si è visto, invece, aumentare ancora una volta le aliquote per le esportazioni verso l’America, raggiungendo l’esorbitante quota del 125%. Si dimostra così che il vero obiettivo della guerra commerciale è la Cina.

Ci sono diverse ragioni per questa decisione del tycoon. Da una parte il gigante asiatico è visto come il principale rivale americano, non solo sul piano economico, ma anche quello militare e politico. Dall’altro continua a valere il solito ragionamento di Trump sul valore della bilancia commerciale. La Cina è il primo partner commerciale degli Stati Uniti, nel 2024 il valore dello scambio tra i due paesi si aggirava intorno ai 582 miliardi di dollari. Gli Usa hanno esportato beni per 143 mld, mentre la Cina 439 mld, il deficit della bilancia commerciale di Washington si aggira, quindi, intorno ai 295 mld di dollari. The Donald legge questo dato come la prova che la Cina sfrutti l’economia Usa e non come l’evidenza che il Paese asiatico produca più beni. I dazi sono usati per riequilibrare questo divario.

Borse

L’annuncio di Trump non fa altro che aggiungere ancora maggiore incertezza a livello economico. Per i mercati finanziari continua il periodo da ottovolante e dalla volatilità elevata. Dopo giorni di perdite importanti, l’annuncio della pausa di 90 giorni ai dazi ha fatto schizzare verso l’alto tutte le borse. In Asia, a chiusura delle transazioni, tutti i listini erano in positivo. Tokyo la migliore, con il Nikkei 225 in positivo del 9,13%. Più limitata la crescita delle borse di Shanghai e Hong Kong, +1,15% e +1,89% rispettivamente.

Borsa di Hong Kong

Negli Stati Uniti il Dow Jones ha guadagnato il 7,87%, mentre il Nasdaq, dopo giorni difficili, è risalita di 12 punti percentuali. Nel Vecchio Continente in apertura le borse sono tutte in crescita. Milano segna un +6,07%, Francoforte +5,71% e Parigi +5,33%. Londra, al momento, ha guadagni più contenuti, il FTSE 100 cresce “solo” del 3,99%.

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