
L’attesa giornata dei dazi è arrivata. Oggi il presidente Donald Trump ufficializzerà i dazi sulle importazioni da tutti i Paesi partner. Sulle tariffe in arrivo si sa ancora poco, ma alle 22 (ora italiana) è prevista una comunicazione ufficiale dalla Casa Bianca.
Quello che è stato già chiarito da Washington è che i dazi saranno «reciproci» e differenziati Paese per Paese. Trump ha inoltre specificato che sarà «molto gentile» con i partner commerciali degli Stati Uniti e in alcuni casi le tariffe doganali Usa saranno addirittura «più bassi» o «significativamente più bassi» di quelli imposti da altri Stati.
Le possibili conseguenze sull’economia mondiale
L’incertezza sulla portata dell’offensiva ha sollevato preoccupazioni sul rallentamento economico e sulle possibili ripercussioni sull’economia mondiale. Secondo un’analisi dell’Aston Business School, pubblicata dal Financial Times, nello scenario più negativo la ricchezza globale potrebbe diminuire di 1.400 miliardi di dollari. E l’inflazione negli Stati Uniti potrebbe esplodere.
I dazi già imposti potrebbero ridurre export, import e reddito pro capite di tutti i Paesi coinvolti. Ma se questi decidessero di adottare contromisure, l’effetto negativo aumenterebbe. In particolare, è previsto un calo del reddito pro capite del 5,1% in Canada, del 7,1% in Messico e dell’1,1% negli Stati Uniti. Coinvolgendo anche il Vecchio continente, le tariffe del 25% sull’import da tutti i Paesi europei fanno precipitare l’Italia tra i Paesi più penalizzati in termini di calo dell’export.
Nonostante l’analisi non preveda le tariffe reciproche differenziate, è sufficiente pensare al fatto che nel 2024 le vendite di beni italiani negli Stati Uniti hanno raggiunto i 65 miliardi di euro, con un surplus vicino ai 39 miliardi. Se l’Europa decidesse di rispondere con dazi simili sulle merci Usa, la situazione si aggraverebbe e l’Italia subirebbe un grande impatto in termini di benessere, con una riduzione dello 0,6% rispetto all’1,6% degli Stati Uniti.
In uno scenario ancora più estremo, con dazi del 25% su tutti i prodotti, se i partner subissero senza reagire gli Stati Uniti vedrebbero una perdita del reddito pro capite del 2%. Se invece decidessero di rispondere colpo su colpo, invece, per i cittadini Usa il benessere si ridurrebbe del 2,5%.
Infatti nel lungo termine una guerra commerciale globale potrebbe causare un aumento dei prezzi negli Stati Uniti fino al 5,5%: peggio che in qualsiasi altro paese. L’Italia invece potrebbe perdere un 2,8% di export e un 3,3% di import, con una diminuzione del benessere dei cittadini del 5% circa.
Le misure annunciate finora
Le prime tariffe ad essere attuate sono state quelle contro la Cina. Dal 3 febbraio sono entrati in vigore i dazi del 10% sulle importazioni cinesi, mentre quelli del 25% su Messico e Canada sono stati posticipati di un mese grazie a negoziati con i leader di questi paesi. Il Messico ha accettato di rafforzare il confine settentrionale con 10.000 soldati della Guardia Nazionale. Mentre il Canada ha promesso di impiegare 10.000 persone per fermare il traffico di Fentanyl.
In risposta ai dazi statunitensi, la Cina ha imposto rincari dal 10 al 15% su esportazioni di energia e attrezzature agricole dal 10 febbraio. E successivamente ha introdotto dazi del 15% sul carbone e sul gas naturale liquefatto, oltre a un 10% su greggio e macchinari. Il 4 marzo, gli Stati Uniti hanno imposto nuovi dazi sui prodotti canadesi e americani, inclusi automobili e prodotti agroalimentari. Poi Trump ha deciso di imporre dazi del 25% su acciaio e alluminio, che hanno colpito anche l’Unione Europea. In risposta, Bruxelles ha inizialmente previsto dazi del 50% sul whisky americano. Ma ha rinviato l’attuazione delle contromisure al 13 aprile, dopo che Trump ha minacciato dazi del 200% su vino e alcolici europei.