Crisi climatica: le montagne italiane sono sempre più fragili

È la montagna a pagare il prezzo più alto della crisi climatica. Questo è quanto emerge dal IV report de “LaCarovana dei Ghiacciai 2023”, la campagna itinerante per studiare lo stato di salute di sei ghiacciai di Legambiente e del CGI, il ComitatoGlaciologico italiano, in collaborazione con CIPRA, la Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi. I ghiacciai italiani continuano a ritirarsi, ma a preoccupare maggiormente è l’aumento dell’instabilità ad alta quota e degli eventi meteorologici estremi su tutto l’arco alpino.

I record negativi del 2023

È stato un 2023 tutt’altro che felice per le montagne italiane. Difficile aspettarsi diversamente dall’anno che – secondo gli studi di Copernicus – passerà alla storia come il più caldo per temperatura media globale. Gli effetti si sono visti anche in quota dove lo zero termico, ovvero l’altitudine al di sopra della quale la temperatura dell’aria rimane sempre minore di zero, è stato registrato a 5398 m, mai così in alto sulle Alpi.

Quanto la crisi climatica abbia ripercussioni concrete lo si evince dai dati relativi agli eventi meteorologici estremi. Nei primi 10 mesi del 2023, l’Osservatorio Città Clima di Lagambiente ne ha registrati ben 144. Nel 2010 sono stati solo 8, 97 invece quelli verificatesi nel 2022.

Nello specifico, ad alta quota sono raddoppiate le colate detritiche, il fenomeno più frequente che costituisce il 60% dei casi ma che tra il 2000 e il 2021 ne rappresentava solo il 20%.

I ghiacciai da tenere d’occhio

A fronte di una crisi climatica sempre più preoccupante, la montagna si indebolisce e diventa fragile. Tuttavia, le nevicate di maggio hanno mitigato i dati e l’arretramento frontale dei ghiacciai persiste anche se è minore rispetto al 2022. L’allerta però rimane alta oltre che per il ghiacciaio del Belvedere, il più grande del Piemonte, anche per quelli dell’Adamello. Sui ghiacciai di Lares e Lobbia infatti appaiono sempre più frequentemente calderoni, crepacci circolari che spesso causano improvvisi crolli di ghiaccio. Il ghiacciaio di Lares sta, inoltre, scomparendo: ha perso più del 50% della propria superficie in 60 anni.

Attenzione anche ai ghiacciai svizzeri e austriaci, inclusi quest’anno per la prima volta nei monitoraggi di La Carovana dei Ghiacciai. In Austria osservato speciale è l’Ochsentaler, con la sua lingua di ghiaccio ritiratasi marcatamente negli ultimi anni. In Svizzera invece i ghiacciai hanno perso 3,3 km^3 nel 2022. Il 6% dell’intera riserva glaciale di massa dell’anno precedente.

Conseguenza del ritiro dei ghiacciai è la formazione in aumento di nuovi laghi glaciali. In Valle d’Aosta, ad esempio, dal 2006 al 2015 sono quasi raddoppiati.

L’appello al governo 

Legambiente, Cipra e il Comitato Glaciologico hanno chiesto la cooperazione del governo Meloni, indicando tre linee urgenti di intervento: «Realizzare un maggiore coordinamento delle politiche di adattamento al clima a livello nazionale e territoriale, dare sostegno alla piena attuazione della Carta di Budoia per l’azione dei Comuni nell’adattamento locale ai cambiamenti climatici e tessere un’alleanza europea per la governance comune dei ghiacciai e delle risorse connesse».

Il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti, e la responsabile nazionale Alpi Legambiente, Vanda Bonardo avvertono: «Le Alpi e il Mediterraneo sono aree particolarmente sensibili al riscaldamento climatico. Qui più che mai si registra un’accentuata accelerazione degli effetti della crisi climatica che avanza» e aggiungono «il concetto di rischio totale, per troppo tempo rimasto confinato tra le conoscenze degli esperti, deve diventare un riferimento quotidiano e consueto per coloro che ci governano».

A cura di Rebecca Saibene

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