La figlia di Jo Song-Gil, diplomatico nordcoreano e capo ad interim dell’Ambasciata di Roma scomparso lo scorso novembre, è stata rimpatriata il 19 febbraio. A comunicarlo durante una conferenza stampa a Seul è Thae Yong-ho, ex ambasciatore a Londra di Pyongyang e uno dei disertori più noti e attivi. Spiega di aver avuto la certezza della notizia da fonti interne: «Ora si trova in Corea del Nord sotto il controllo delle autorità».
La ragazza ha 17 anni, viveva con i genitori e studiava nella Capitale. Si prospetta adesso un esito inquietante: minorenne ed evidentemente in pericolo, è stata prelevata dal territorio italiano prima di ricongiungersi al padre e alla madre in fuga ed è stata messa su un areo diretto in Corea del Nord, dove il regime prevede ritorsioni per i familiari dei traditori.
La notizia della fuga di Jo Song-Gil è stata resa nota a inizio gennaio dall’intelligence sudcoreana. Il diplomatico di 47 anni era diventato ambasciatore presso la sede di Roma dal 9 ottobre 2017, dopo che il governo italiano aveva deciso di espellere il suo predecessore Mun Jong-Nam come protesta agli esperimenti missilistici attuati da Kim Jong-Un. Di solito i parenti dei diplomatici vengono trattenuti in patria proprio per evitare eventuali salti al nemico. Ma pare che Jo Song-Gil avesse avuto questo privilegio grazie al servizio fornito precedentemente al regime da suo padre e suo suocero.
Il suo periodo in Italia era giunto al termine, a fine novembre sarebbe dovuto rientrare in Corea del Nord, ma il diplomatico sull’aereo di ritorno non è mai salito. Secondo fonti sudcoreane si troverebbe sotto protezione dei servizi segreti italiani, ma avrebbe chiesto asilo in un terzo Paese, probabilmente gli Stati Uniti.
La testimonianza di Thae Yong-ho è comunque da prendere con cautela: non è stata infatti fornita alcuna prova sulle fonti da cui avrebbe ricevuto la notizia del rimpatrio della figlia. «Non posso più consigliare pubblicamente a Jo di venire in Corea del Sud, il livello di punizione per i familiari è completamente diverso» ha aggiunto, ricordando che il Nord è solito procedere con aspre ritorsioni nei confronti dei parenti di coloro che decidono di disertare a Seul piuttosto che in Paesi terzi.