Un italiano su dieci possiede competenze finanziarie minime accettabili. Lo ricorda l’OCSE, che colloca l’Italia nelle ultime posizioni tra i 39 Paesi analizzati. E il quadro è ancora più critico tra gli under 35, che mostrano livelli di preparazione sorprendentemente bassi. In un contesto in cui ogni scelta economica pesa sulla vita quotidiana, la start-up Discentis prova a invertire la rotta e forma i docenti per portare in classe le basi di risparmio, moneta, investimento e pianificazione.
Divario di conoscenza finanziaria: perché l’Italia riscopre l’urgenza tra i banchi
All’estero la strada è più avanzata. La Danimarca è in testa: esperti visitano le scuole per spiegare come gestire i soldi fin da piccoli. In Italia un primo passo c’è stato: la legge 21 del 2024 ha inserito l’educazione finanziaria nell’ora di educazione civica. Ma i numeri mostrano che non basta. Solo il 16,6% degli italiani raggiunge il livello minimo richiesto e il Paese scende al 36° posto su 39 nella classifica globale. Le disparità sono evidenti: i giovani tra 18 e 29 anni hanno competenze paragonabili a quelle di Paesi in via di sviluppo, mentre le donne occupano le ultime posizioni tra le nazioni monitorate. Eppure l’urgenza è chiara. L’86% degli europei considera la salute finanziaria una priorità, ma il 74% ammette di non avere gli strumenti per gestire risparmi, investimenti e pensioni. “Introdurre l’educazione finanziaria a scuola è fondamentale”, spiega Lorenzo Camisassi Sartoris, CFO e formatore per Discentis. “Non possiamo chiedere alle famiglie di colmare da sole un divario che spesso nasce proprio dalle condizioni di partenza. La scuola serve anche a questo: ridurre le disparità e offrire pari opportunità”.

Didattica ludica e innovazione: il modello Discentis per formare i docenti
La proposta di Discentis punta su metodologie attive: giochi, simulazioni, attività pratiche. “I nostri percorsi coinvolgono docenti di ogni ordine e disciplina”, spiega Camisassi Sartoris. “Offriamo strumenti concreti: attività pronte, materiali semplici da usare, idee operative. Non serve essere esperti di finanza per guidare gli studenti in un percorso efficace e inclusivo”. Si parte già dalla primaria: risparmio, bisogni e desideri, funzionamento del denaro, prestito e debito. Poi si cresce per livelli, aggiungendo complessità nel tempo. L’obiettivo è trasformare la formazione in percorsi operativi e non in teoria astratta.
Non investitori precoci, ma cittadini consapevoli
Il rapporto dei giovani con il denaro sta cambiando: se ne parla di più e con meno tabù. Ma parlarne non basta. “Le informazioni oggi sono ovunque, accessibili in pochi secondi”, ricorda Camisassi Sartoris. “Accanto ai contenuti affidabili circolano truffe e narrazioni distorte: servono strumenti per orientarsi”. Bisogna proteggere gli studenti dai “fuffa-guru”, gli imbonitori che online promettono guadagni facili. Nei percorsi di educazione finanziaria, la prevenzione delle truffe digitali diventa centrale, con l’obiettivo di sviluppare senso critico e capacità di riconoscere meccanismi manipolatori. Educare alla finanza non significa preparare a “fare soldi”, ma dare ai futuri adulti la capacità di scegliere con consapevolezza, evitare rischi inutili e riconoscere le insidie del guadagno facile. È una competenza di cittadinanza, prima ancora che economica.