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Come parlare di persone con disabilità. L’iniziativa “Le parole giuste” di Intesa SanPaolo

Parole Giuste Intesa SanPaolo

Martedì 25 marzo nelle aule del Master in Giornalismo si è tenuta l’incontro “Le parole giuste, un’iniziativa promossa da Intesa SanPaolo sul tema del linguaggio da usare quando si parla di persone con disabilità. Elisa Ferrio e Beatrice Alessi, responsabili delle attività istituzionali, sociali e culturali di Intesa SanPaolo, hanno presentato l’opuscolo “Le parole giuste. Media e persone con disabilità” agli studenti del primo e del secondo anno del Master.

Le genesi del progetto

Il progetto nasce dall’esigenza di Intesa SanPaolo di comunicare in maniera corretta a tutti i propri clienti. «La disabilità è tema sensibile all’interno di un ente con 40mila dipendenti», dice Ferrio. «Due anni fa abbiamo fatto delle ricerche sull’argomento e abbiamo trovato che un’università americana in Arizona ha un disability center. Ci siamo rivolti a loro per tradurre le linee guide che avevano messo a punto», aggiunge.

Cosa si può dire, e cosa no?

«L’obiettivo è che tutti possano parlare di questo tema senza inibizioni e nel modo più rispettoso per i disabili», dice Alessi. Il testo “Le parole giuste. Media e persone con disabilità” contiene delle linee guida che consentono di muoversi nel miglior modo possibile.

«Come prima regola, occorre mettere in primo piano la persona, e non la sua disabilità, che invece deve essere citata in un articolo solo se è determinante ai fini del racconto». Quindi «bisogna sempre parlare di “persona con disabilità”, non di “disabili”», spiega.

«Vanno inoltre evitate espressioni come “bambini speciali”: e questo perché sono persone come tutti e non hanno bisogni speciali», aggiunge. «Non forzare il discorso o modificare discorso sulla base della disabilità del nostro interlocutore. A una persona cieca si può dire “ci vediamo domani”: non dirlo sarebbe discriminatorio».

E poi: «”diversamente abile” è un termine superato, utilizzato alcuni anni fa ma che in realtà mette in evidenza una diversità», dice.

Serve un approccio people first: «bisogna mettere in primo piano la persona e non alcune sue peculiarità, che sia il colore dei capelli o una disabilità. Il concetto di fragilità va evitato: «perché ci sono persone non disabili che sono estremamente fragili e persone con disabilità estremamente forti», spiega.

Infine, vanno evitati il vittimismo e l’eroismo: «atleti paralimpici vengono descritti come eroi, ma ci sono altre persone con disabilità che hanno superato grandi difficoltà e che non sono note» , precisa.

 

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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