Il 5 aprile 1994 se ne andava Kurt Cobain, leader dei Nirvana e ultima grande icona del rock. Si tolse la vita a 27 anni nella sua casa al 171 Lake Washington Blvd, East Seattle, lasciando la moglie Courtney Love, la figlia Frances Bean e un’eredità musicale con pochi altri eguali nella storia della musica.
Kurt Donald Cobain nacque nel 1967 ad Aberdeen, nello Stato di Washington, Stati Uniti, dimostrando fin da piccolo una predisposizione per l’arte e per la musica. A 7 anni, tuttavia, avvenne l’evento che avrebbe per sempre segnato la sua vita: la separazione dei genitori. Da quel momento sarebbe andato, invano, alla ricerca di quell’equilibrio e di quella sicurezza che i due, insieme, gli trasmettevano.
Kurt compensò in parte questa disperata voglia di stabilità con la musica. Era in grado di suonare la chitarra con entrambe le mani, ma decise di usare la sinistra perché nella storia erano stati pochi i chitarristi mancini e questo lo avrebbe distinto dagli altri. Si avvicinò alla religione, in particolare alle filosofie del buddismo e del gianismo e nel 1987, a 20 anni, fondò con l’amico Krist Novoselic i Nirvana, nome di ispirazione chiaramente buddista.
I Nirvana si inserirono in un contesto musicale tra i più floridi della storia del rock. La fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta furono il periodo del grunge, genere che nacque e che si sviluppò nella città di Seattle, con gruppi che avrebbero segnato il decennio e non solo. Da quell’ambiente, uscirono nomi come Pearl Jam, Soundgarden, Stone Temple Pilots e Alice in Chains.
Il successo non tardò ad arrivare. Dopo un buon primo album d’esordio, i Nirvana si fecero conoscere a livello mondiale con il loro secondo lavoro, Nevermind, un disco che uscì nel 1991 e che, con le sue 25 milioni di copie vendute, entrò nella storia della musica per svariate ragioni, a partire dalla copertina: un neonato nudo che, sott’acqua, nuota inseguendo una banconota appesa a un amo. Una cover che sarebbe entrata nell’immaginario collettivo come forse prima erano riusciti a fare solo i Pink Floyd con “The Dark Side of the Moon”.
L’opera è ritenuta uno dei migliori dischi della storia soprattutto per il numero elevatissimo di tracce di qualità presenti al suo interno: Come as you are, In bloom, Lithium e quella che è considerata il capolavoro di Kurt Cobain, Smells like teen spirit. Un brano che avrebbe riscosso un successo globale e che sarebbe stato ribattezzato come l’inno della Generazione X, in quanto incitava alla ribellione non solo nel testo, ma anche nella musica e soprattutto nell’enfasi della sua voce.
L’anima ribelle di Cobain non esitò a manifestarsi anche al di fuori della musica e dei testi. Nel settembre 1992, mentre stavano lavorando al nuovo album, i Nirvana furono gli ospiti d’eccezione agli MTV Music Awards. Inizialmente la produzione gli lasciò carta bianca, così Cobain decise di suonare Rape me, un brano appena registrato e dal testo molto crudo e violento, a partire dal titolo stesso. L’organizzazione si oppose, la band disse di non volersi esibire, ma alla fine il compromesso venne trovato su Lithium. Una volta sul palco, Cobain attaccò con le prime note della canzone, ma dopo pochi secondi cambiò e iniziò a cantare Rape me. La produzione si ritrovò spiazzata e mentre venne decisa l’interruzione pubblicitaria, e quindi la sospensione dell’esibizione, Cobain riprese a cantare e a finire Lithium. Un anno dopo, i Nirvana pubblicarono il loro terzo disco, In Utero, opera che avrebbe definitivamente consacrato la band.
Il successo tuttavia logorò Cobain e trasformò il disagio in depressione. Non riusciva a reggere la pressione, così iniziò a rifugiarsi nell’eroina. E questo non fece altro che isolarlo dagli altri membri della band, dalla moglie e dalla figlia. Questa alienazione portò sempre di più Kurt Cobain verso il baratro e l’annientamento personale, sfociando nel suicidio. Prima di farla finita, però, consegnò il suo nome alla storia con una delle esibizioni live più singolari ed emozionanti di sempre. Nel novembre 1993 i Nirvana si esibirono a MTV Unplugged in un’atmosfera intima, alimentata anche dalle melodie riarrangiate in occasione del live. Cobain decise di non suonare i loro successi, con l’eccezione di “All apologies” e “Come as you are”, proponendo brani meno noti al grande pubblico.
Il mito di Kurt Cobain è stato alimentato anche da una singolare coincidenza. Il leader dei Nirvana è uno dei pochi membri del Club 27, un esclusivo club di artisti che hanno avuto in comune il fatto di essere scomparsi all’età di 27 anni e che comprende nomi come Jim Morrison, Jimi Hendrix e Janis Joplin.
L’eredità musicale lasciata da Kurt Cobain risulta vastissima. Dopo di lui, il rock ha cambiato corso, il grunge è diventato la tendenza dominante della cosiddetta musica alternative, in particolare grazie a Dave Grohl, chitarrista dei Nirvana che, dopo la morte del suo leader, ha fondato i Foo Fighters, la più grande rock band attuale, che ha sempre dichiarato di ispirarsi a Kurt Cobain.