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Caso Paragon, come funziona lo spyware Graphite

Negli ultimi giorni, gli smartphone di novanta persone in Europa sono stati penetrati da un potente software di spionaggio. Si tratta di Graphite ed è prodotto dall’azienda israeliana Paragon Solutions, che lo distribuisce a trentacinque governi democratici per indagini su terrorismo, mafia e altri reati gravi.

Tra i bersagli italiani ci sono Luca Casarini, fondatore della Ong Mediterranea responsabile del soccorso di migranti in mare, e Francesco Cancellato, direttore del giornale online Fanpage. A partire da questi casi, Paragon ha interrotto i rapporti commerciali con il governo italiano, probabilmente per una violazione delle clausole sull’uso etico dei propri sistemi.

Zero-click

Le vittime hanno scoperto di essere state spiate grazie a una comunicazione di Meta, il gruppo di Zuckerberg  che possiede Instagram e Whatsapp. Venerdì 31 gennaio ha inviato loro questo messaggio: «A dicembre abbiamo interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo abbia attaccato il tuo dispositivo. Ti consigliamo di cambiarlo in quanto anche un ripristino delle impostazioni di fabbrica può non essere in grado di rimuoverlo. Se sei un giornalista o un membro della società civile contatta i ricercatori del Citizen-Lab all’Università di Toronto».

Graphite è una tecnologia di sorveglianza di livello militare in grado di penetrare anche in smartphone criptati. Può essere usato solo per indagini su terrorismo, mafia e altri reati gravi. Lo spyware funziona con attacchi “zero-click”: ciò significa che non serve che le vittime clicchino su alcun link dannoso per essere infettati. Tramite Whatsapp Graphite riesce ad accedere a foto video e contatti, trasformando i dispositivi in microfoni ambientali.

Secondo The Guardian, «Paragon ha un ufficio negli Stati Uniti a Chantilly, Virginia. L’azienda è stata recentemente sottoposta a un esame approfondito dopo che la testata Wired a ottobre ha riferito di aver stipulato un contratto da due milioni di dollari con la divisione investigativa sulla sicurezza nazionale dell’Immigration and Customs Enforcement degli Stati Uniti», in seguito all’ordine esecutivo emesso dall’amministrazione Biden che limitava l’uso di spyware da parte del governo federale.

Non solo Graphite

A differenza del più noto Pegasus, Graphite non raccoglie le informazioni direttamente dai dispositivi, ma le ottiene quando questi effettuano il backup per salvare i dati sul cloud. In questo modo è più difficile scoprire che sia avvenuto un furto d’informazioni.

Non è la prima volta che questi strumenti vengono impiegati per sorvegliare politici, attivisti, dissidenti e giornalisti. Tra il 2017 e il 2022 in Polonia tre agenzie governative hanno impiegato Pegasus, sviluppato dalla israeliana NSO Group, per sorvegliare 578 persone, tra cui politici dell’opposizione, avvocati e procuratori critici nei confronti del governo.

Intellexa, società fondata dall’ex ufficiale dell’esercito israeliano Tal Dilian, ha invece venduto il suo spyware Predator a dodici di nazioni a partire dal 2021. Nel febbraio 2021, Intellexa ha provato a vendere i suoi servizi anche al governo ucraino: ha infatti offerto a Kiev il suo Predator per 13,6 milioni di euro per il primo anno di utilizzo, incluso un “pacchetto” di 400 numeri di cellulare ucraini. Nel caso in cui l’Ucraina, che ha rifiutato il servizio, avesse voluto usare Predator su obiettivi esteri, avrebbe dovuto pagare altri 3,5 milioni di euro.

Nostalgia da dumb phone

Rischi di questo genere non potrebbero interessare i dumb phones, ovvero quei dispositivi mobili in uso più di un decennio fa, in grado solo di chiamare e inviare sms. Chi lo compra oggi, fa una scelta di radicale emancipazione dalla tecnologia.

Il fenomeno dumb phone è in atto già da qualche anno: nel 2022, ad esempio, c’è stata una crescita del 5 per cento dei flip phone, che in Italia conosciamo meglio come telefoni a conchiglia.

Il trend nasce dall’esigenza di molti utenti di iniziare svolgere attività più sane davanti allo schermo anziché trascorrere troppo tempo sui social network.

Alessandro Dowlatshahi

Classe 1998, ho conseguito la Laurea Magistrale in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano, chiudendo il mio percorso accademico con un lavoro di ricerca tesi a Santiago del Cile. Le mie radici si dividono tra l’Iran e l’Italia; il tronco si sta elevando nella periferia meneghina; seguo con una penna in mano il diramarsi delle fronde, alla ricerca di tracce umane in giro per il mondo.

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