Riaprire il Caso Malcom X. Questa è la richiesta delle figlie del leader afroamericano per i diritti civili. Sarebbero infatti emerse nuove prove, che potrebbero convincere a riavviare le indagini, interrotte dopo l’arresto dei tre presunti attentatori, Talmadge Hayer, Norman 3X Butler e Thomas 15X Johnson.
Una nuova pista per l’FBI
Il Caso Malcom X sembrava chiuso ormai da tempo. Sono infatti trascorsi 56 anni dal 21 febbraio del 1965, quando l’attivista perse la vita durante un discorso alla sala da ballo Harlem’s Audubon, a New York.
A gettare nuove ombre sul Caso Malcom X sarebbe stata però la lettera, lasciata sul letto di morte, da Raymond Wood, un ex poliziotto, presente al momento dell’omicidio. L’omicidio sarebbe stato organizzato da una cospirazione dell’FBI (Federal Bureau of Investigation) e della polizia di New York (NYPD), che avrebbero visto nell’attivista un personaggio scomodo.
Il compito di Wood – secondo quello che avrebbe dichiarato nella lettera – era assicurarsi che la squadra di sicurezza di Malcolm X fosse arrestata alcuni giorni prima del suo discorso alla sala da ballo di Harlem.
In questo modo il leader afroamericano, che era già scampato qualche settimana prima con la famiglia ad un attentato dinamitardo, non sarebbe stato protetto il giorno dell’omicidio. La Polizia e l’FBI si sarebbero poi occupate di eliminare le prove.
La famiglia dell’ex poliziotto, che ha tenuto una conferenza stampa sabato 20 febbraio, non ha dato dettagli sulla sua morte. Ha però fatto sapere di non aver voluto rendere pubblica la lettera fino a dopo il decesso di Wood, temendo ripercussioni da parte delle autorità.
«Qualsiasi prova che fornisca una maggiore comprensione della verità dietro quella terribile tragedia, dovrebbe essere indagata a fondo» ha commentato invece Ilyasah Shabazz, una delle figlie di Malcolm X.
La riapertura delle indagini
I presunti responsabili erano tutti membri del Nation of Islam, il movimento politico, di matrice islamica, di cui a lungo Malcom fu il volto pubblico. Negli ultimi anni della sua vita il leader afroamericano si era distaccato dalle sue idee estreme. Aveva infatti preferito loro un messaggio più moderato, che manteneva i capisaldi dell’unità nera, del rispetto di sé e dell’autosufficienza.
I tre, accusati di non aver apprezzato il cambio di vedute da parte dell’attivista, sono stati condannati all’ergastolo nel 1966. Uno di loro è morto, Hayer invece ha ottenuto la libertà condizionale e il 27 aprile 2010 è stato scarcerato.
Nel 2020, William Barr, il procuratore distrettuale di Manhattan, ha avviato una revisione delle condanne. Fondamentale la richiesta dei rappresentanti dell’Innocence Project, un gruppo legale senza scopo di lucro che si batte per le persone condannate ingiustamente.
Al procuratore è stato garantito il sostegno della polizia newyorkese, che «ha fornito tutti i documenti disponibili relativi a quel caso al procuratore distrettuale». Mentre finora l’FBI non ha rilasciato commenti pubblici sulla questione.