All’ospedale di Reims, in Francia è iniziata l’interruzione delle procedure per tenere artificialmente in vita Vincent Lambert, 42 anni. Il paziente, a seguito di un incidente d’auto avvenuto nel settembre del 2008, è rimasto tetraplegico e, attualmente, si trova in uno stato vegetativo cronico e con danni celebrali giudicati irreversibili. Secondo i medici, la fine dell’alimentazione e dell’idratazione porteranno a un’insufficienza renale e quindi alla morte. Vincent però non morirà di sete. Secondo quanto riportato da Le Figaro in un’intervista a Bernard Devalois, specialista di cure palliative alla Maison de Sante di Bordeaux, il paziente sarà idratato dalla bocca evitando così la sensazione di sete.
Da anni la storia dell’ex infermiere è al centro di un dibattito pubblico e di un caso giudiziario. Questo perché la moglie dell’uomo, Rachel, insieme a un nipote e i fratelli, sono favorevoli all’interruzione delle cure mentre i genitori Pierre e Viviane, 90 e 73 anni, vicini al movimento cattolico integralista Fraternité sacerdotale Saint-Pie-X, sono contrari.
Le cause legali, che li vedono contrapposti, sono inoltre dovute al fatto che in Francia nel 2016 è stata varata la legge Claeys-Leonetti che proibisce l’eutanasia e il suicidio assistito, ma prevede l’interruzione delle cure per il mantenimento artificiale in vita di un paziente nel caso in cui si tratti di accanimento terapeutico o sia contro il volere del paziente o in seguito a una «decisione collegiale». La legge prevede inoltre che, oltre alle procedure per la fine delle cure palliative, sia garantita una sedazione «controllata, profonda e continua» e la somministrazione di analgesici per precauzione.
In merito alla decisione collegiale, il 24 giugno 2014, il Consiglio di Stato francese si era pronunciato a favore dell’interruzione dei trattamenti medici che tengono in vita Lambert, accogliendo così le richieste della moglie. Subito dopo la sentenza, i genitori hanno deciso di appellarsi alla Corte europea dei diritti umani sostenendo che l’eutanasia del figlio violasse l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti umani relativo al «diritto alla vita di ogni persona».
La Corte europea ha dato ragione alla moglie di Lambert. A questo sono seguiti altri ricorsi e nuove sentenze. Il 20 aprile del 2018, una nuova perizia ha concluso che l’uomo si trova in uno «stato vegetativo cronico irreversibile». Il Consiglio di Stato ha quindi giudicato conforme alla legge la decisione di interrompere i trattamenti. Per questo motivo, il primario del reparto di cure palliative e cerebrolesi del Policlinico universitario di Reims, Vincent Sanchez, ha comunicato alla famiglia che il 20 maggio 2019 sarebbero state sospese le cure, nonostante la decisione dei genitori di depositare altri tre ricorsi. Non è la prima volta che vengono sospese le procedure.
«Ho appreso la notizia via mail, Vincent non è in fin di vita. Ha delle reazioni», ha detto la madre di Vincent, che domenica 19 maggio ha partecipato a un corteo con circa 200 persone davanti all’ospedale dove è ricoverato il figlio, chiedendo che resti in vita. «Lo stanno uccidendo senza averci detto nulla, sono dei mostri» ha continuato. La famiglia, tramite i suoi avvocati, ha fatto sapere inoltre di aver scritto al presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, per denunciare «un reato di Stato commesso con un colpo di mano contro lo Stato di diritto».