La Corte di Cassazione ha sancito lo stop alla cosiddetta cannabis light. L’interpretazione delle Sezioni Unite non consente la vendita a qualunque titolo di tutti i prodotti “derivati della coltivazione di cannabis”.
In questo ambito rientrano quindi anche la cannabis sativa venduta sotto forma di foglie, inflorescenze, resina e olio, tutti derivati non conformi alla legge 242 del 2016. L’unico utilizzo consentito dovrebbe rimanere quello a scopo medico e terapeutico.
La sentenza della Cassazione, con buona probabilità condurrà alla chiusura di centinaia di negozi che negli ultimi tre anni sono sorti in tutte le parti d’Italia, con conseguente perdita di posti di lavoro. Il mercato della cannabis light è cresciuto in maniera rapida ed esponenziale, tanto da indurre parecchi imprenditori a investire nel settore.
Nei cannabis shop vigeva regolarmente il commercio di prodotti a base di canapa purché il loro contenuto di THC – ovvero la sostanza che produce effetti psicotropi- fosse tra lo 0,2% e lo 0,6% . Un valore irrisorio rispetto ad un normale fiore di marijuana, che contiene un valore oscillante tra il 5 e l’8%. Il completamento della sentenza è previsto nelle prossime settimane, il tempo necessario per valutare il margine relativo al principio “drogante” consentito.
La sentenza è stata accolta con soddisfazione dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, il quale da tempo aveva espresso parere contrario nei confronti dei negozi di cannabis light: «Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano». Di parere opposto i Radicali, che hanno palesato tutta la propria perplessità: «La legge che consente la coltivazione di canapa industriale non vieta espressamente la vendita di infiorescenze. In uno Stato di Diritto ciò che non è espressamente vietato dalla legge è lecito».
Si tratta di un provvedimento che potrebbe avere ripercussioni anche sull’agricoltura: in soli cinque anni nelle campagne italiane i terreni coltivati a cannabis sativa sono aumentati di dieci volte. Si è passati dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018.