«Il calcio non è uno sport per signorine». Questo affermava negli anni ’80 Guido Ara, mediano della Pro Vercelli, per evidenziare come il calcio fosse uno sport riservato esclusivamente agli uomini. Altri tempi, certo. All’epoca il calcio femminile doveva ancora decollare e la società ancora faticava a staccarsi da una mentalità patriarcale che oggi si sta tentando di superare. Oggi le cose stanno lentamente cambiando, e il calcio femminile sta pian piano appassionando sempre più sportivi, sta acquisendo una propria identità, arrivando sulle pagine dei giornali e sulle reti televisive. L’interesse verso il calcio in rosa, dunque, è in continua crescita, come testimonia il seguito del Mondiale FIFA femminile in Francia giocatosi nell’estate 2019.
Guardando in casa nostra, gli italiani si sono scoperti all’improvviso sostenitori delle ragazze azzurre guidate da Milena Bertolini. La Rai ha mostrato in chiaro tutte le partite delle azzurre, registrando uno share che è andato oltre ogni più rosea aspettativa. Pare quindi che, finalmente, il calcio femminile stia ottenendo la considerazione che merita.
Secondo un ricerca effettuata da Life’s too sport, negli ultimi 5 anni le ricerche Google in materia di calcio femminile hanno registrato un trend crescente, soprattutto quelle legate alla Serie A e al calcio femminile generico, senza un preciso riferimento al mondiale. Grazie allo sforzo della lega e delle società sportive coinvolte, pare dunque che il calcio in rosa stia trovando più risorse per la sua crescita, grazie anche a investimenti sul piano della comunicazione e della visibilità.
Sky ha deciso di investire molto sul calcio in rosa. Oltre a trasmettere in diretta alcune partite del campionato di Serie A, dedica servizi e copertine dei tg sportivi proprio al mondo del calcio femminile. L’attesa dell’inizio del campionato è stata scandita da continue interviste alle giocatrici che hanno segnato lo scorso mondiale.
Barbara Bonansea, attaccante della Juventus Women, è spesso intervenuta ai microfoni della rete televisiva per parlare della Serie A e del calcio femminile in generale. Così come Alia Guagni, capitano della Fiorentina, che ha rifiutato il trasferimento al Real Madrid per rimanere in viola. Da Sara Gama ad Aurora Galli, passando per Valentina Giacinti e Manuela Giuliano. Le ragazze della nazionale femminile, ora impegnate nel loro campionato, stanno acquisendo sempre più seguito in tv, sui giornali e sui social, dove sono nate moltissime pagine per sostenere le azzurre.
Lentamente anche le grandi società calcistiche stanno iniziando a investire nel calcio in rosa. Lo scorso 24 marzo l’Allianz Stadium di Torino ha ospitato, per la prima volta, un match scudetto di Serie A femminile: Juve-Fiorentina. 39mila gli spettatori presenti, record assoluto nella storia del calcio italiano. E ora potrebbe toccare a San Siro vedere un derby tutto in rosa. L’Inter, neo-promossa in A, potrebbe sfidare il Milan proprio al Meazza il prossimo 12 ottobre: manca solo il benestare da parte delle società.
Se il campionato italiano femminile ha cambiato completamente volto nelle ultime stagioni la ragione è da ritrovarsi nella politica di una Federcalcio che nel 2016 ha imposto l’obbligo di un settore giovanile in rosa tra i nuovi criteri per i club di Serie A maschile e poi ha agevolato l’accesso alla prima divisione grazie alla norma che consentiva di rilevare il titolo sportivo dei club dilettantistici già presenti in A. La Federcalcio ha poi combattuto e vinto una battaglia con la Lega Nazionale Dilettanti per poter rilevare il controllo della sezione calcio femminile, organizzando in questa stagione i suoi primi campionati di Serie A e B.
Il presidente della Figc Gabriele Gravina ha sempre prestato particolare attenzione al mondo del calcio in rosa sostenendo che il suo obiettivo è: «quello di far riconoscere al calcio femminile uno status che consenta alle calciatrici di avere maggiori opportunità di tutela e che permetta alla disciplina di fare il definitivo salto di qualità». Il grande problema della calciatrici, infatti, è che non vengono riconosciute come professioniste e, al contrario di quanto accade all’estero, non hanno tutti i diritti che spettano a un lavoratore. «Vogliamo continuare a investire, ma serve chiarezza», ha detto a febbraio il vicepresidente della Roma Mauro Baldissoni in occasione della presentazione di Donne di calcio, ebook curato dal Sole 24 Ore. «Non abbiamo capito in Federazione dove va ad atterrare il calcio femminile, come continuerà ad occuparsene. Non abbiamo capito come queste ragazze verranno inquadrate: professionismo o no forse è una semplificazione, ma bisogna metterle in condizione di lavorare come atlete di eccellenza. Noi dobbiamo chiedere loro uno sforzo di alto livello, ma dobbiamo avere gli strumenti per poterglielo chiedere». L’annosa questione delle atlete condannate al dilettantismo è una delle prime che la Figc dovrà provare a risolvere, altrimenti pensare a una crescita professionistica del movimento sarebbe difficile.
Pian piano però, anche in Italia si sta riconoscendo l’importanza di questo settore in crescita e si sta dando sempre più voce e spazio alle campionesse del pallone. E sebbene ancora non si sia raggiunto il pari livello con il calcio maschile, oggi più che mai è chiaro che il calcio è un sport anche per signorine.