
L’Eurozona raggiungerà i 21 Stati membri con l’ingresso della Bulgaria. Martedì 8 luglio, il Consiglio Economia e Finanza dell’Unione Europea (Ecofin) giungerà al passaggio formale adottando gli atti giuridici finali. Così per Sofia si apriranno le porte dell’euro dal 1° gennaio 2026, abbandonando il lev.
L’ultimo step
Le procedure dovrebbero essere completate durante la mattinata a Strasburgo, dopo un passaggio al Parlamento europeo e una cerimonia di firma negli spazi del Consiglio. Da Bruxelles affermano che: «È una formalità a questo punto, ma resta un passo simbolicamente molto importante per la Bulgaria e per l’Europa». Il 4 giugno scorso, infatti, sia la Commissione Europea sia la Banca Centrale avevano espresso il parare positivo per l’entrata del Paese nella Ue, soprattutto perché nel «Rapporto di convergenza» della Bce Sofia aveva soddisfatti alcuni controlli sul deficit, l’inflazione e la solidità dell’economia.
I passaggi dal 2020
L’ingresso nell’Eurozona è l’apice di un percorso iniziato nel luglio 2020, quando la Bulgaria era entrata nel Meccanismo di cambio Erm II, un sistema introdotto per dimostrare che un Paese è economicamente stabile senza il ricorso a eccessive fluttuazioni monetarie. Poi la Bulgaria è riuscita a soddisfare i criteri di Maastricht, fondamentali per poter adottare l’euro come moneta e volti a garantire l’equilibrio tra i paesi membri. Tra i principi sono la stabilità dei prezzi e del tasso di cambio e tassi interesse a lungo termine non superiori al 2% rispetto ai tre Paesi con la migliore performance. Oltre che finanze pubbliche sane e sostenibili con il rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3% e quello tra debito pubblico e PIL non oltre il 60%. L’ultimo step per entrare nell’Eurozona è stata la fase dell’Unione Economica e Monetaria (UEM).

A livello economico
I requisiti sono stati superati dalla Bulgaria, che ha iniziato il 2025 con un crescita economica solida «attestandosi al 2,9%» sottolinea Stefan Posea, economista di Ing. Secondo la Commissione Europea il Paese potrebbe arrivare a una crescita del 2% nel 2025 e del 2,1% nel 2026, mentre il deficit dovrebbe attestarsi al 3% quest’anno e il debito contenuto al 25,1% del pil. «Nel complesso, i forti tassi di crescita dei salari privati e pubblici hanno sospinto il trend positivo» afferma Posea. Se consumi e investimenti privati hanno goduto di uno slancio, l’andamento positivo si assesta per quanto riguarda esportazioni e industria. «L’attività industriale – spiega Posea – è rimasta in territorio negativo, attestandosi del 6% al di sotto dei livelli pre-pandemici secondo l’ultima rilevazione». A contribuire a ciò, secondo l’economista, è stata «la persistente debolezza dell’attività industriale nei principali partner commerciali, ovvero Germania e Romania».
A ciò si aggiunge un’inflazione non del tutto domata, al di sopra del target del 2%, e un deficit commerciale arrivato al 75% nei primi mesi del 2025, causato dall’aumento delle importazioni dai Paesi non Ue e da un’insufficienza nell’export. Un’altra ombra per Posea sono i fondi europei in quanto la Bulgaria non ha brillato nello sfruttamento delle risorse comunitarie. Il potenziale produttivo del Paese, quindi, è stato minato dai ritardi negli investimenti e nell’assorbimento dei fondi dell’Unione Europea. Ma non tutto è perduto: «Un più ampio ammodernamento delle infrastrutture dovrebbe, in una certa misura, apportare benefici compensativi».
Gli scontri per il “no”
Il processo per entrare nell’Eurozona per la Bulgaria non è stato semplice. Dopo l’approvazione del 4 giugno per aderire alla moneta unica, nel Parlamento bulgaro si erano verificati scontri tra la maggioranza e l’opposizione. Le tensioni sono state sia verbali sia fisiche quando il leader del “Partito della Rinascita”, Tsoncho Ganev, ha spinto il deputato di “Continuiamo il cambiamento”, Yavor Bozhankov. Ma anche da parte del popolo ci sono stati dissapori. Tra maggio e giugno Sofia è stata invasa da migliaia di persone che protestavano contro l’entrata nell’Eurozona e chiedevano al Governo di mantenere il lev come moneta ufficiale del Paese. Secondo i manifestanti, principalmente del Partito Ultranazionalista Revival, sarebbe stato corretto prima di tutto indire un referendum e non imporre la decisione dall’alto. Chi è sceso in piazza riteneva che l’adozione dell’euro potesse compromettere l’economia del Paese con un aumento dei prezzi e una limitazione della sovranità economica.

Nonostante ciò, l’obiettivo della Bulgaria di entrare nell’area dell’euro rimane fissato per il 2026. E ad oggi sono sette gli Stati membri dell’Unione Europea a non usare la moneta unica: Repubblica Ceca, Danimarca, Ungheria, Polonia, Romania, Svezia e Bulgaria.