Una situazione senza precedenti. Mai era successo che il proprietario di una testata da oltre 2700 giornalisti decidesse di correre per le presidenziali statunitensi. Mai, almeno fino a oggi. La decisione di Mike Bloomberg di candidarsi – in netto ritardo sulla tabella di marcia – alle elezioni del 2020 ha infatti scosso il panorama mediatico e politico americano.
La società e l’agenzia di stampa
La Bloomberg LP, fondata nel 1981, è una delle maggiori multinazionali al mondo nel settore dei media. Fornisce servizi di data services a importanti società e giornali economici e finanziari. Dal 1990, il magnate ha costituito anche la parallela Bloomberg News, agenzia di stampa internazionale attiva in oltre 70 Paesi. Conta collaborazioni continuative con alcuni dei più noti giornali statunitensi e non, senza restrizioni o linee editoriali troppo stringenti.
Un terreno inesplorato
D’ora in poi tutto potrebbe cambiare. «E così Mike si è candidato» ha detto il caporedattore di Bloomberg News John Micklethwait, affermando che «la candidatura del proprio editore rappresenta un caso mai visto prima e che ci si sta dunque avviando su un terreno inesplorato».
È stato lo stesso Micklethwait a dettare le possibili nuove regole per la copertura della campagna elettorale in vista del 2020. Così come la scelta di Bloomberg di correre per le elezioni non ha precedenti, allo stesso modo anche la conseguente decisione dell’editor-in-chief è un unicum. Bloomberg News seguirà la campagna di Michael Bloomberg in maniera simile agli altri candidati, riportando sondaggi, proposte politiche e dichiarazioni.
La redazione eviterà in qualsiasi caso di condurre inchieste sulla vita privata, gli affari e la filantropia dello stesso Bloomberg, così come di ogni altro candidato democratico. «Non possiamo trattare i competitors democratici di Mike in modo diverso da lui» ha tenuto a sottolineare Micklethwait, soprattutto in vista delle primarie del partito.
Differente sarà l’approccio verso i repubblicani e in particolare verso Trump. Su questo versante sì che continueranno – e magari si intensificheranno – le investigazioni sul presidente.
In più scompariranno le opinioni e gli editoriali senza firma, ma ogni giornalista metterà il nome nei propri pezzi e se ne assumerà la responsabilità.
Le possibili decisioni di Mike Bloomberg
Se quindi da un lato appare chiara la linea adottata dalla redazione, un velo di incertezza continua ad aleggiare sulla possibilità che il magnate, in caso avesse bisogno di appoggio, possa adottare un approccio più restrittivo nei confronti della sua agenzia. Con il rischio di influenzarne l’indirizzo politico per portare avanti la sua campagna.
Da fonti interne alla redazione, scrive CNN, trapelano due principali motivazioni per cui questo possa rivelarsi più di un semplice dubbio. La prima evidenzia la mancanza di presa di posizione pubblica di Bloomberg riguardo la garanzia di indipendenza nei confronti dei suoi impiegati. La seconda, più netta, riferisce che alcune figure di spicco di Bloomberg Opinion sono già entrate nello staff per la campagna elettorale.
Una circostanza destinata a far parlare a lungo di sé, soprattutto nei futuri dibattiti pre elettorali. Riguardo i giornalisti coinvolti, per dirla con le parole di uno dei reporter della stessa Bloomberg News, «everybody’s nightmare come true».