È stato respinto il ricorso in appello dei due giornalisti della Reuters accusati di “violazione del segreto di Stato” e condannati a sette anni di carcere. I reporter Wa Lone, 32 anni, e Kyaw Soe Oo, 28 anni, furono arrestati il 12 dicembre del 2017 e successivamente condannati da una corte birmana per aver documentato gli eccidi dei musulmani Rohingya nell’Arakan prima che fosse pubblicato il rapporto delle Nazioni Unite dove erano confermate le violenze e veniva definita l’azione militare come una “pulizia etnica”. I pubblici ministeri hanno sostenuto che i due reporter avevano informazioni riservate sulle operazioni di sicurezza nello Stato di Rakhine, in Birmania, che ha costretto più di 600mila musulmani a fuggire in Bangladesh e che secondo Medici Senza Frontiera ha causato almeno 6.700 morti.
La documentazione in mano ai due giornalisti conteneva infatti le immagini del massacro di 10 uomini e ragazzi Rohingya nel villaggio di Inn Dinn. Il loro caso ha sollevato così tante polemiche che a dicembre il settimanale americano “Time” li ha inseriti tra le persone dell’anno. Sin da subito, i due avevano dichiarato di non aver violato l’Official Secrets Act dell’epoca coloniale, punibile con una condanna fino a 14 anni e di essere quindi innocenti. I due hanno dichiarato che la documentazione era stata consegnata da due agenti di polizia mai incontrati prima durante un incontro in un ristorante di Yangon. Dopo aver ricevuto i documenti sono stati arrestati. In molti hanno pensato che quanto accaduto fosse un complotto organizzato per “incastrare” i giornalisti. La condanna è arrivata lo stesso scatenando così le critiche delle organizzazioni dei diritti umani e delle associazioni della stampa.
La decisione di un tribunale birmano di respingere il ricorso è stata motivata dal giudice dell’Alta corte regionale, Aung Naing, per insufficienza di prove. Il giudice ritiene infatti che «il verdetto di primo grado non era sbagliato ed era conforme alle leggi in vigore». Per Reuters si tratta di «un’accusa pretestuosa». Gli avvocati difensori possono ancora fare appello alla Corte suprema birmana. Il processo potrebbe richiedere circa sei mesi.