Il calcio come espressione di bellezza. Il calcio come coralità. Sono stati questi i temi affrontanti all’incontro che si è svolto all’Università Iulm il 14 febbraio.
Troppo spesso intendiamo questo sport come espressione del talento individuale, dimenticando che il calcio è un gioco di squadra. È l’espressione di un lavoro comune, di – per citare le parole di Fabio Galli, ex responsabile del settore giovanile del Milan – «un percorso verso il successo». Il talento del singolo esiste, va riconosciuto, ma è necessario che questo talento «riconosca l’importanza del collettivo e che, viceversa, il collettivo riconosca l’importanza del singolo», continua Galli. D’accordo con l’ex giocatore anche Silvia Pasolini, psicologa dello sport, che sostiene la «necessità di ricordare che il calcio è parte di una dimensione collettiva all’interno di una società e di una cultura che spingono sempre di più al consumo solitario di eventi sportivi».
«La bellezza, spesso, viene individuata nel modo di giocare, non solo nel gesto individuale. – conferma il giornalista Roberto Perrone – Mi viene in mente, ad esempio, il gran calcio espresso dalle squadre di Sacchi». Un esempio che ci fa tornare indietro nel tempo, ma che è facilmente riconducibile al calcio più moderno se pensiamo al Barcellona di Pep Guardiola.
«Penso che il calcio, pur con tutti i suoi cambiamenti, rimanga sempre un grande spettacolo popolare, capace di attrarre l’attenzione di tutti», continua Perrone. È la bellezza della partecipazione collettiva, è il sentirsi parte di qualcosa.
Amiamo il calcio e lo seguiamo, dunque, leggiamo di calcio e ci informiamo. E più conosciamo questo sport, più ce ne innamoriamo. Secondo la tesi di Stefano Zecchi, filosofo e professore di estetica all’Università degli studi di Milano, «qualunque gioco prendiamo in considerazione, lo valutiamo sulla base della nostra conoscenza. Questo scaturisce una sorta di relazione simbolica per cui noi seguiamo quello sport perché siamo interessati e siamo interessati perché lo conosciamo».
Ovviamente poi, quando guardiamo una partita, conta anche il risultato, ma non solo. «Lo sport è l’unione tra bellezza e risultato», afferma Zecchi. Ed è questa unione che i giornalisti, i media e chi si occupa di calcio, ma più in generale di sport, deve riuscire a trasmettere, utilizzando, secondo il filosofo «anche un po’ di faziosità elegante, quella che era tipica di Gianni Brera e che piace tanto alle persone».