Banksy è un brand. E non semplicemente perché l’artista e writer inglese dall’identità misteriosa è riconosciuto ormai in tutto il mondo. Il nome “Banksy” è stato ufficialmente depositato e registrato presso un apposito ufficio di Londra e questo lo rende a tutti gli effetti tutelato giuridicamente. Tanto che la società che lo rappresenta ha fatto causa agli organizzatori della mostra The art of Banksy. A visual protest presso il Mudec di Milano, non autorizzata ma di grande successo e aperta al pubblico fino al 14 aprile.
Il giudice Claudio Marangoni, presidente della sezione specializzata in materia d’impresa, ha imposto il ritiro degli oggetti “generici e di comune consumo” dal bookshop del museo che presentano il brand. «Non pare in effetti contestabile che l’apposizione su tale materiale del segno “Banksy” risulti eseguita in violazione dei diritti derivanti da tale marchio – scrive il giudice – posto che l’apposizione di tale segno a prodotti del tutto generici e di comune consumo» renda evidente che è appunto «la sola apposizione del nome» a renderli appetibili sotto il profilo commerciale.
Il tribunale ha preso invece una decisione diversa per le riproduzioni delle due opere, forse le più celebri, dell’artista: Bambina con il palloncino rosso e Lanciatore di fiori. Secondo il giudice, in quanto opere d’arte non possono essere protette sotto il nome del marchio ma soltanto l’autore ha i diritti su quelle immagini. Ma stando alle norme in vigore in materia, Banksy potrebbe rivendicarle solo se rivelasse la sua identità. «La decisione del tribunale è inappuntabile in base alle norme che vedono camminare il diritto d’autore e il diritto industriale che tutela i marchi su due piani paralleli», osserva l’avvocato Gloria Gatti, esperta di diritto dell’arte.
Si tratta di una decisione che ha suscitato un certo clamore all’interno del mondo artistico. Banksy del resto è sempre stato un personaggio enigmatico che ha fatto del suo anonimato un elemento fondamentale del suo stile e della sua arte. «Però – conclude l’avvocato Gatti – resto dell’idea che sia opinabile consentire di utilizzare ambiguamente il marchio “Banksy” per sfuggire a certi limiti del diritto d’autore come quello dell’anonimato e della durata, ad esempio, che dopo 70 anni dalla morte dell’artista rende del tutto libero l’utilizzo delle immagini delle opere d’arte. Con il meccanismo del marchio che può essere rinnovato, invece, la tutela può prolungarsi».