L’attivista australiano Julian Assange è sempre più vicino all’estradizione negli Stati Uniti d’America. Venerdì 17 giugno infatti, il governo britannico ha dato l’ok al trasferimento del fondatore della piattaforma online Wikileaks.
Estradizione
Il verdetto era atteso e ha aperto prospettive terribili per la vita di Julian Assange. La Ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, ha ordinato l’estradizione negli Stati Uniti del fondatore della piattaforma online. Wikileaks ha svelato negli anni i crimini commessi dal governo americano in Iraq e Afghanistan. Il via libera del Ministro arriva dopo che nel Regno Unito era stata completata la procedura giudiziaria sulla vicenda Assange, già arrestato tre anni fa a Londra dopo un lungo periodo da rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador. Ora rischia di scontare in America una condanna fino a 175 anni di carcere.
Ricorso
«Un giorno buio per la libertà di stampa» ha commentato WikiLeaks appena appresa la notizia. Ora i legali dell’attivista australiano avranno 14 giorni per presentare ricorso all’Alta Corte di Londra contro la decisione del governo inglese. «Chiunque in questo Paese tenga alla libertà di espressione dovrebbe vergognarsi profondamente del fatto che la ministra dell’Interno ha approvato l’estradizione di Julian Assange, negli Usa, il Paese che ha complottato per assassinarlo», hanno aggiunto gli avvocati.
BREAKING: UK Home Secretary approves extradition of WikiLeaks publisher Julian Assange to the US where he would face a 175 year sentence – A dark day for Press freedom and for British democracy
The decision will be appealedhttps://t.co/m1bX8STSr8 pic.twitter.com/5nWlxnWqO7— WikiLeaks (@wikileaks) June 17, 2022
Tanti al fianco di Assange
«Un giorno nero non solo per la libertà d’informazione, ma anche per la democrazia britannica. Julian non ha fatto nulla di sbagliato, è un giornalista ed editore punito per aver fatto il suo dovere, rivelando documenti riservati e informazioni imbarazzanti. Priti Patel poteva fare la cosa giusta, invece sarà ricordata come complice degli Stati Uniti, del loro progetto di trasformare del giornalismo investigativo in un’impresa criminale». Così Stella Moris, avvocata sudafricana specialista in diritti umani e moglie di Assange, ha commentato la sentenza del governo britannico. Anche Amnesty International si è opposta alla decisione dell’esecutivo di Londra: «Consentire che Julian Assange venga estradato negli Stati Uniti significherebbe esporre lui a un grande rischio e mandare un messaggio agghiacciante ai giornalisti di tutto il mondo», ha dichiarato Agnes Callamard, segretaria generale dell’organizzazione.