Addio alla Sacrestia Farmacia Alcolica: fine di un viaggio tra storia e segreti di Milano

All’ombra soffusa delle sere milanesi, dove i riflessi dell’acqua del Naviglio Pavese si mescolano ai sussurri del passato, esiste un luogo che sembra emergere dalle pagine di un’antica leggenda. La Sacrestia Farmacia Alcolica, al civico 20 di via Conchetta, è molto più che un locale: è un palcoscenico di storie dimenticate che prendono vita, dove il tempo intreccia tre atti di un dramma affascinante. Un racconto che però sta per raggiungere il suo capitolo finale: dopo 24 anni di attività, la Sacrestia sarà costretta a chiudere i battenti alla fine di luglio, cancellando un piccolo pezzo di storia dal vissuto milanese. Ma partiamo dal principio.

La casa di piacere

Il nostro viaggio inizia più di cento anni fa, all’inizio del XX secolo, un’epoca in cui Milano brulicava di vita e trasgressione. La Sacrestia, allora nota come casa di piacere, era un rifugio per coloro che cercavano emozioni forti lontano dai rigidi confini della morale borghese. In linea con il i locali della zona, era meta di squattrinati di periferia ma anche di ricchi e borghesi, scesi fin quaggiù dal centro di Milano.

In questo quartiere di chiuse e canali sotterranei, la clientela più variegata si mescolava in un abbraccio di euforia e segretezza, tra feste a luci rosse e fiumi di superalcolici. Nemmeno la furia della Grande Guerra riuscì a spegnere l’eco delle risate e dei sussurri che rimbalzavano tra le mura del locale, alimentando una fama che si estendeva ben oltre i confini cittadini. Ma le cose erano destinate a cambiare.

La farmacia

Il secondo atto della storia si apre infatti con la nascita della Repubblica Italiana, quando un vento di moralità soffiò sulla Penisola e portò con sé la chiusura dei bordelli. La Curia di Milano acquistò la Sacrestia, trasformandola in una farmacia.

L’esterno del locale con il suo nome caratteristico

Le stesse mura che avevano visto danzare ombre sensuali ora ospitavano scaffali ordinati di erbe e medicamenti, in un tentativo di riconquistare la purezza perduta. Ma anche in questa veste più sobria, il luogo non perse il suo fascino: il profumo di spezie ed erbe mediche sembrava ancora sussurrare storie di un passato non troppo remoto.

Il cocktail bar e l’antiquariato

Oggi la Sacrestia è tornata a essere un “locale notturno”. O meglio, un cocktail bar d’eccellenza, anche se ancora per poco. Ospita i visitatori in un’atmosfera che è un omaggio ai suoi anni più ribelli. Entrando, si è accolti da luci soffuse e arredi d’epoca che evocano il glamour decadente del secolo scorso. Drappi color porpora, busti e statue, chaise longue, orologi a pendolo e specchi: ogni dettaglio sembra sospeso tra sogno e realtà.

La vecchia insegna della farmacia, recuperata e restaurata, troneggia al centro della sala. Poi, un’enorme vetrina piena di alambicchi e barattoli di spezie con sopra i simboli più particolari (un’ampolla riporta persino l’immagine un teschio con la scritta “venenum”). Sono stati trovati in cantina dagli attuali titolari dell’attività: una famiglia molisana, milanese d’adozione, che ha preso in gestione il locale nel 2000 e che ha deciso di esporli per regalargli una seconda vita.

 

«Anche se – racconta Valentina Carola, titolare assieme a suo marito Geremia Sozio  – dopo la farmacia si sono susseguite diverse botteghe: una pelletteria, una salumeria, una tipografia, una latteria e altre. Infatti oltre ai reperti farmaceutici abbiamo ben nove insegne originali».

La chiusura imminente

Ma le particolarità non finiscono qui. Per chi desidera organizzare un evento privato, c’è la “Sala della Sciura Cesara”: una stanza segreta che si trova giù per le scale, segnalata da un’insegna d’epoca. «L’insegna in realtà è stata ricreata, ma è ispirata alla vera sciura Cesara. – Racconta Valentina – Era una famosa maîtresse milanese, proprietaria della casa chiusa che prendeva il suo nome».

Ora però la famiglia Sozio è costretta a chiudere l’attività. La Curia ha deciso di vendere l’immobile e il nuovo proprietario vuole farci un hotel: un finale poco romantico di un racconto affascinante. «Abbiamo sempre onorato la storia di questo posto, preservandone la natura di “salotto”. – Spiega Valentina – I nostri clienti affezionati vengono ogni giorno a conversare o anche solo a leggere un libro. Ci dispiace perdere tutta questa umanità».

Valentina Cappelli

Giornalista praticante e dottoressa in Giurisprudenza presso l'Università Cattolica di Milano. Aspirante giornalista televisiva, mi appassionano le tematiche di cronaca giudiziaria, politica, cultura e spettacolo.

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