A PALAZZO CHIGI VERTICE SULLA MANOVRA 2025 MA NELLA MAGGIORANZA RESTANO I DUBBI

L’incontro di giovedì 20 novembre tra le forze della maggioranza per definire la manovra si è concluso con un nulla di fatto. Complice l’imminente voto alle elezioni regionali di Campania, Puglia e Veneto. Non si è trovato un accordo sulle misure che fanno più discutere i partiti della coalizione di centrodestra. Così il faccia a faccia è slittato alla settimana dopo.

IL CANONE RAI

È uno dei punti più cari alla Lega, che aveva intenzione di inserirlo già nella manovra dello scorso anno. Il taglio di 20 euro del canone Rai che dovrebbe passare da 90 a 70 euro all’anno. come lo scorso anno ad opporsi è Forza Italia. «Ritengo che l’ammontare del canone Rai vada mantenuto per un equilibrio di mercato – ha detto il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri – c’è un problema di equilibrio di risorse pubblicitarie. Qualche anno fa il canone è stato ridotto e la Rai è stata risarcita con risorse del Tesoro e quindi dei cittadini. Il servizio pubblico deve avere certezza di risorse come prevede l’European Media Freedom Act. Questo emendamento della Lega, quindi, non è in linea con la direttiva».

LA CASA

Si discute un ampliamento dell’esenzione dell’Isee sulla prima casa. Tra le misure fortemente volute dalla lega ce n’è una che punta a riportare al 21% la cedolare sugli affitti brevi per chi ha fino a tre immobili. Per il piano casa invece saranno stanziati fondi già a partire dal 2026 per un totale complessivo che al 2030 dovrebbe arrivare a 877 milioni. Tra le novità affitti calmierati per giovani e separati.

Un emendamento segnalato da Forza Italia invece propone di prorogare fino al 2028 il bonus al 50% per le ristrutturazioni sulla prima casa. Attualmente la manovra lo prevede sulla prima casa solo per il 2026 e sulla seconda al 36%.

TAGLIO DELL’IRPEF E DETASSAZIONI

Un emendamento segnalato da Fratelli d’Italia allarga la detassazione sui rinnovi contrattuali prevista dalla manovra. L’imposta sostitutiva del 5% per i redditi fino a 28.000 euro varrà per gli accordi sottoscritti tra il 2025 e il 2024. I dipendenti possibilmente interessati saranno anche quelli con redditi tra i 28.000 e i 35.000 euro, ma con un’imposta sostitutiva del 10%. La norma vale solo per i contratti «sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». Un altro emendamento abbassa dal 35% al 33% l’aliquota IRPEF per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro, fino a 200.000 euro di reddito complessivo.

Chiara Brunello

Sono laureata in comunicazione, media e pubblicità all'Università Iulm. Mi interesso di cronaca nera, politica interna ed estera.

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