A Hong Kong potranno venire eletti a cariche di rappresentanza solo i cittadini patrioti. Lo hanno annunciato i vertici cinesi durante la giornata d’apertura dell’Assemblea nazionale del popolo, unica camera legislativa del Paese. Si tratta dell’ennesima misura del Partito Comunista di Xi Jinping per limitare le libertà della città semiautonoma.
L’ennesima legge per Hong Kong
La riforma elettorale è stata resa nota durante le, così dette, “due sessioni”. Si tratta dell’evento in cui si riuniscono a Pechino la Conferenza politica consultiva del popolo cinese, con partiti e organizzazioni cinesi e l’Assemblea nazionale del popolo. La decisione non è stata presa da uno dei due organi (privi di un reale potere), ma dagli alti ranghi del Partito che spesso utilizza quest’occasione per annunciare riforme importanti in campo economico e sociale.
Solo un anno fa, proprio in questa sede, fu comunicata l’applicazione di una nuova legge sulla sicurezza nazionale ad Hong Kong. La stessa che ha reso la città stato cinese, nota alla cronaca internazionale per la dura repressione da parte delle autorità locali del movimento per la democrazia. Tutto ciò ha portato all’arresto di decine di attivisti, e alcuni sono stati costretti a fuggire all’estero. Quest’ultima modifica al sistema di elezione dovrebbe assicurare la piena lealtà di tutti i funzionari al regime di Xi.
Cosa sappiamo della riforma
Sebbene il testo definitivo non sia ancora pubblico, durante i lavori dell’assemblea (iniziati venerdì 5 marzo) sono state delineate le caratteristiche principali della riforma.
Hong Kong non possiede una vera e propria legge elettorale. Però, Wang Cheng, un alto funzionario del partito, ha preannunciato alcune modifiche alla Basic Law, la mini costituzione della città. Una commissione, probabilmente il Comitato elettorale di Hong Kong, fedele a Pechino e già incaricata di selezionare il governatore della città, vaglierà i candidati. In questo modo verranno scelti sia i partecipanti alle elezioni al Consiglio legislativo (il parlamento unicamerale della città) sia alle assemblee locali. Con nuove riforme il Partito comunista mira a rafforzare la lealtà dei circa 1200 membri corporativi del Comitato. In questo modo, l’opposizione locale non potrà più ottenere seggi negli organi di governo della città.
Una decisione nota da tempo
Quest’ulteriore ingerenza nella politica di Hong Kong si prospettava già da mesi. La figura dei cittadini “patrioti” era stata introdotta dalla propaganda di regime e nei discorsi degli ufficiali del Partito comunista e del presidente Xi Jinping.
Le elezioni erano uno degli strumenti principali usati dai partiti e dai movimenti per la democrazia per destare l’opinione pubblica e, a livello internazionale, ottenere influenza a discapito del regime. Come avvenne dopo le proteste del 2019, quando i candidati dissidenti vinsero la maggioranza dei seggi per i consigli distrettuali.
Le cariche erano più simboliche, ma contribuirono a far crescere il sostegno agli attivisti locali. Tanto che il governo decise di annullare le elezioni seguenti, per il rinnovo di parte del Consiglio legislativo. La scusa era la pandemia di Covid-19, ma c’era il timore di un altro trionfo schiacciante dei movimenti. Il voto dovrebbe tenersi quest’anno, ma potrebbe venire rimandato per permettere l’applicazione delle riforme volute dal Partito comunista. Intanto, continuano gli arresti e la repressione nei confronti dei cittadini in contrasto con il regime.
Quarantasette persone sono attualmente a giudizio per aver organizzato delle primarie per scegliere i candidati alle elezioni previste per settembre 2020, poi rimandate. Il loro è considerato un gesto d’insurrezione e la pena più alta prevista è l’ergastolo.