Spesso si sente dire che i veri eroi non sono quei personaggi che si trovano nei fumetti, nel grande o piccolo schermo, nelle storie che fanno sognare; ma quelle persone che tutti i giorni, in maniera anonima, compiono i loro piccoli o grandi doveri.
Allo stesso modo, i veri atleti forse non sono quelli che vanno alle Olimpiadi, ma tutte le persone che utilizzano il metrò.
Gli scattisti dell’ultimo secondo al solo sentire il rollio delle ruote sui binari si fiondano di corsa giù per le scale per prendere l’agognato treno, che spesso si rivela passare nella direzione opposta a quella desiderata. Gli equilibristi del vagone, stretti agli altri passeggeri nelle ore di punta, non necessitano di appigli per restare in piedi nonostante le oscillazioni. Come in tutte le competizioni poi, c’è chi gioca pulito…e chi bara. I truffaldini del metrò si confrontano con il tornello e si dividono in saltatori in alto e appassionati del limbo. Tertium (stavolta) datur, quelli che preferiscono non competere e passano per l’uscita di sicurezza (il cancello con il maniglione rosso).
In tutto ciò, l’ATM, visto il buco in bilancio di decine di milioni di euro nel 2021 e nel 2022, è corsa ai ripari. Nel mercato di riparazione di gennaio, la squadra è stata rinforzata ed è scesa nei corridoi delle metropolitane schierandosi con la “marcatura a zona”. Decine di controllori, schierati a coprire l’area tornelli e i corridoi delle stazioni più importanti, impediscono ai bari di usufruire del servizio senza titolo di viaggio. Inoltre, entro due anni, tutti i tornelli saranno sostituiti con ingressi a porte scorrevoli alte 1,80 metri e con allarme sonoro.
Cosa non tocca fare per insegnare che l’economia del settore pubblico segue le stesse regole del privato. Una su tutte: che ogni prestazione va pagata. Anche perché senza i soldi dei clienti l’impresa privata chiude e senza i soldi degli utenti quella pubblica forse continua a funzionare, ma con molti disservizi.
Almeno non siamo ancora arrivati ai metodi in uso nel Medioevo, quando alla dogana si chiedeva: «Chi siete? Cosa fate? Cosa portate?»; e in ogni caso, la conclusione era sempre la stessa: «Un fiorino!».