Il lockdown ha creato difficoltà per tutti: ha diviso famiglie, coppie e…poliamorosi. Non sapete cos’è il poliamore? Rimediamo subito, raccontandovi la storia di Chiara Stringa, che a 26 anni ha già avuto una storia con un ragazzo e una ragazza contemporaneamente. Prima, però, ci facciamo dare una definizione di poliamore dalla psicologa clinica Giulia Tracogna, che si occupa di consulenza psicologica individuale e di coppia. La dottoressa si dedica in particolare alla sfera LGBTQIA+ (Lesbian, gay, bisex, trans, queer, intersex, asex – plus community) e alle non monogamie etiche, lavorando sulla riduzione di stereotipi e pregiudizi. «Nel poliamore», spiega Tracogna, «le persone intraprendono un rapporto non monogamo, nel pieno consenso di tutti i partner. Ci possono essere relazioni poliamorose con tre, quattro, cinque o più membri, non c’è un limite al numero di persone. Le parti coinvolte definiscono gli accordi sulla base dei quali verrà impostata la relazione. Quanto concordato può venire rivisto nel tempo sulla base delle nuove esigenze e dei bisogni che potrebbero emergere».
Il TRADIMENTO
Esiste il tradimento nel poliamore? «Dipende dalla definizione che diamo a questa parola: se lo intendiamo come il tradimento della fiducia dell’altra persona, allora sì: ad esempio, se è stato concordato che qualora ci sia interesse per una nuova persona questo deve venire comunicato a tutte le parti e questa comunicazione non avviene, il partner o la partner potrebbero sentirsi traditi. Perché quanto deciso insieme non è stato rispettato. Semplicemente, nel poliamore non c’è l’accordo implicito di esclusività e di fedeltà sessuale tipico delle relazioni monogame».
Come si diventa poliamorosi? «È una domanda fuorviante», aggiunge la dottoressa, «perché ci possono essere individui che si sono accorti molto presto di poter provare sentimenti per più persone contemporaneamente. Quindi si sono orientate precocemente verso il poliamore. Altri potrebbero avere vissuto una vita da monogame e ad un certo punto, nonostante continuino a provare dei sentimenti importanti per i propri partner, si innamorano anche di qualcun altro. Allora ci si chiede: come gestisco la cosa? La monogamia ci insegna che quando ci innamoriamo di qualcun altro significa che la relazione precedente è finita, ma non tutti sono d’accordo. E alcuni diventano poliamorosi. Però bisogna fare attenzione quando una relazione non monogama diventa una risposta ad un problema della coppia. A quel punto ho visto succedere spesso che, invece che risolversi, i problemi si aggravano; se la relazione non sta funzionando non si può sistemare tutto rifugiandosi nel poliamore. Poi è importante ricordare che essere monogami o poliamorosi non è una cosa statica e ferma nel tempo: le persone possono vivere periodi diversi nella loro vita, che li portano in un determinato momento a desiderare di essere monogami e in un altro poliamorosi, o viceversa».
LA STORIA DI CHIARA
Passiamo alla storia di Chiara Stringa, che risale al 2019. «Ho cominciato ad interessarmi al poliamore dopo una storia monogama importante, che è durata molto per i miei standard», racconta lei. «In quel momento stavo frequentando diverse persone contemporaneamente, ma non ero interessata a nessuna di loro in particolare. Era un periodo di esplorazione. Poi sono andata in Grecia e lì ho conosciuto un ragazzo francese in un gruppo di meditazione. Abbiamo iniziato a frequentarci e ho capito che c’era interesse reciproco. Dopo un po’ lui mi ha detto che voleva continuare a vederci, ma che frequentava anche altre persone e riteneva giusto dirmelo. Io sono sempre stata una persona molto gelosa, per questo la mia prima reazione è stata di possessività e gelosia. Poi, però, ci ho riflettuto con calma e ho deciso di sperimentare questa nuova cosa. Abbiamo continuato a frequentarci e io ho conosciuto un’altra ragazza nel gruppo di meditazione. Allora gli ho detto che sarebbe stato interessante includere anche lei, e così abbiamo iniziato a frequentarci tutti e tre. È successo tutto in maniera molto naturale, ci vedevo della ricchezza in questa relazione e la cosa mi piaceva».
«Ci vedevo della ricchezza in questa relazione e la cosa mi piaceva».
RELAZIONI “PERSONALIZZATE”
Uno degli aspetti più interessanti da approfondire è che nel poliamore ogni relazione è diversa e “personalizzabile”, a seconda delle esigenze dei componenti. Funziona proprio così? «Ci possono essere tantissime differenze rispetto a come le persone decidono di strutturare la propria relazione», spiega la dottoressa Tracogna. «Come ho detto, nel poliamore si stabiliscono insieme gli accordi di un legame affettivo. Per esempio, possiamo parlare di poliamore gerarchico o non gerarchico. Nel primo c’è una relazione che è più importante delle altre, sulla base delle caratteristiche scelte dalle persone coinvolte: come la convivenza, il tempo dedicato a una specifica persona e altri aspetti. Nel secondo tipo di poliamore, invece, tutte le relazioni intraprese vengono considerate sullo stesso livello». Per avere un riscontro, torniamo da Chiara: «Tutti e tre eravamo molto aperti a condividere qualsiasi cosa, senza il timore della reazione dell’altro. Il francese frequentava anche altre persone, ma lo sapevamo e ci andava bene. Capitava di vederci tutti e tre insieme, oppure due alla volta per approfondire la conoscenza l’uno dell’altro. Ciò portava a sentirsi gelosi, ma era un approccio amorevole verso questo sentimento».
LA GELOSIA: EMOZIONI PRIMARIE E SECONDARIE
Già, la gelosia; un elemento ricorrente in tutte le relazioni! E in quelle poliamorose che ruolo gioca? La psicologa Giulia Tracogna ci chiarisce le idee: «Le emozioni si possono classificare tra quelle primarie come la gioia, la tristezza, la paura e quelle secondarie, di cui la gelosia ne è un esempio. Quest’ultimo tipo di emozioni non sono uguali per tutti, ma dipendono dalla cultura e dal contesto in cui nasciamo e cresciamo. Nel poliamore la gelosia è un tema molto trattato perché le persone, nonostante abbiano deciso di avere una relazione non monogama, può capitare che la provino. Questo sentimento di solito sottende tante cose: ci potrebbero essere delle componenti legate all’insicurezza su di sé, oppure alla relazione; quindi non sentirsi sicuri del proprio partner. Potrebbero esserci anche delle componenti d’invidia: la persona potrebbe provare una gelosia legata al fatto che vorrebbe essere al posto dell’altro/a partner in quella specifica attività. Oppure, ancora, potrebbero esserci delle questioni legate al concetto di possesso, per cui quando una persona intrattiene una relazione romantica o sessuale con un’altra, pensa: quella persona è mia. Quindi proverebbe un forte fastidio e una forte frustrazione se questa persona ha dei rapporti di vario genere con altri. Insomma, la gelosia presa nel suo insieme è un’emozione molto complessa, ma suddividendola si possono identificare e isolare gli aspetti che la rendono attiva in una relazione e si può lavorare su quelli».
«La gelosia è un’emozione complessa, ma la si può suddividere e lavorare sui singoli aspetti».
IL LOCKDOWN PER I POLIAMOROSI
Torniamo al quesito iniziale e chiediamo a Chiara come ha vissuto il lockdown. Prima, però, bisogna specificare che la sua relazione poliamorosa nel frattempo è terminata (è durata solo qualche mese perché poi è tornata in Italia). «Durante questa situazione di isolamento non ho potuto conoscere gente da frequentare. Ho interagito con tante persone, ma solo attraverso riunioni virtuali e con nessuna è nato qualcosa che potesse portare a frequentarci. Per il resto, non mi sono mai trovata in situazioni sociali in cui conoscere persone nuove». E ora il punto di vista dell’esperta: «Ci possono essere poliamorosi che convivono con una o un partner e magari ne hanno un altro che non possono frequentare a causa delle restrizioni sanitarie. Ciò può portare le persone a sentire la mancanza della persona amata, ma potrebbero anche esserci degli sbilanciamenti. Per cui, probabilmente, si dedicherà più tempo alla persona che vive con noi. Si può lavorare per cercare di ovviare a questa cosa, e nelle relazioni poliamorose è importante trovare nuovi accordi e modalità per far sentire tutti a proprio agio, rispondendo ai vari bisogni. Ad esempio, ci si possono ritagliare dei momenti da dedicare anche all’altra persona, con le videochiamate e le telefonate».
COME LA SOCIETA’ VEDE IL POLIAMORE
Dopo aver inserito uno spunto d’attualità , analizziamo un aspetto importante; cosa pensa la società delle relazioni non monogame? Questa volta facciamo rispondere prima Chiara:
«Il problema è che la nostra società non è strutturata sul poliamore, per questo è ancora difficile parlarne. Ciò che non conosciamo ci fa paura, ed è normale che sia così. Personalmente ho parlato della mia relazione solo con alcune persone, ad altre l’ho tenuta nascosta perché so che non avrebbero capito. Ai miei genitori non ho mai detto niente». E la psicologa Tracogna cosa può dirci sulla questione; le persone hanno paura ad esternare la loro poliamorosità, o no? «Sicuramente c’è la paura della discriminazione come in ogni altro tipo di appartenenza a minoranze. Ammettere a livello sociale di essere poliamorosi porta con sé il forte rischio di discriminazione. Spesso le persone ci pensano prima di fare il coming out; si confidano con i gruppi sociali dove si sentono più sicure, come gli amici, e ne evitano altri come quello lavorativo. La propensione delle persone a fare il coming out dipende da quanto la cultura in cui vivono è abituata a sentire parlare, in questo caso, di poliamore. In Italia se ne parla solo da tre o quattro anni, prima era praticamente sconosciuto. Invece, in Australia e negli Stati Uniti è più conosciuto, per cui è più facile per le persone rivelarsi pubblicamente».
COME I POLIAMOROSI VEDONO LE RELAZIONI MONOGAME
I poliamorosi cosa pensano delle relazioni monogame? Le sentono“strette” per loro? «Di solito se una persona si definisce poliamorosa ha già riflettuto e deciso come vuole vivere le sue relazioni», spiega la psicologa. «Per cui cercherà di instaurare rapporti non monogami. Magari all’interno della monogamia si sentiva stretta, oppure ha proprio scelto di vivere così. All’interno delle comunità poliamorose alcuni tendono a svalutare un po’ la monogamia e a ritenere come scelta migliore il poliamore. Questo approccio per me non è condivisibile: le persone possono avere la relazione che preferiscono, l’importante è che le faccia stare bene».
LE RELAZIONI POLIAMOROSE SONO PIU’ SUPERFICIALI DI QUELLE MONOGAME?
La risposta la dà la dottoressa Giulia Tracogna: «È uno stereotipo che accompagna spesso il poliamore; che chi ha contemporaneamente più relazioni romantiche, affettive o sessuali, intenda questi rapporti come meno profondi e meno seri rispetto a quelli monogami. Non è per forza così; la profondità o la superficialità di un legame dipende dalla persona e dall’impegno che mette in una relazione. Quindi che sia monogama o no, poco cambia. Anzi, per certi versi il poliamore implica un lavoro maggiore tra chi è coinvolto in un legame affettivo. Noi nasciamo in un mondo monogamo e durante la vita interiorizziamo le norme della monogamia: tutti abbiamo una rappresentazione del tradimento e sappiamo che quando una relazione diventa seria implica un passaggio, per cui si va dalla frequentazione, alla convivenza, matrimonio e figli. Nel poliamore alcuni di questi costrutti vengono messi in discussione e devono essere ridefiniti. Questo lavoro viene fatto in consenso tra le parti e si decide insieme come strutturare la relazione stessa. Ciò implica un grande impegno emotivo e cognitivo. Quindi non penso che il poliamore porti a relazioni superficiali. Ad ogni modo bisogna analizzare i singoli casi, non c’è una risposta unica a questa domanda».
«Il poliamore non porta per forza a relazioni superficiali, dipende dalle persone».
Citati il matrimonio e i figli, la domanda viene quasi spontanea: avere una famiglia è conciliabile con una relazione poliamorosa? La risposta di Chiara: «Per il momento vedo il poliamore come qualcosa che non coinvolge i figli. Però non so ancora cosa succederà». La psicologa Tracogna spiega che la faccenda è complessa: «Rispetto a questo tema c’è anche una questione legata al riconoscimento giuridico: le famiglie poliamorose devono affrontare problemi come la nascita e la crescita di eventuali figli o il riconoscimento legale della relazione, come il matrimonio che è esclusivo per definizione. In Italia è impossibile intraprendere questi due percorsi ufficiali. Però ci sono persone che hanno comunque delle relazioni poliamorose con figli, ma hanno dovuto trovare il modo per farle funzionare anche da un punto di vista giuridico. Mi ricordo la testimonianza di una famiglia, mi sembra statunitense, in cui cinque persone adulte convivevano (una polecola) e avevano dei figli. Questo nucleo familiare raccontava che avevano dovuto fare un accordo con le scuole perché più persone potessero andare a prendere i bambini».