Universo: le galassie neonate avevano forma di banana

James-Webb

Per decine di anni, gli astronomi e i cosmologi hanno creduto fermamente a una ipotesi. Che le galassie appena nate assomigliassero a delle enormi uova. O, in certi casi, a frisbee. Entrambe tra le forme più ricorrenti se si studia l’universo così come lo si conosce oggi. Una concezione, però, che una nuova analisi di immagini scattate dal James Webb Space Telescope (JWST) ha messo in crisi.

Galaxies Going Bananas

Le galassie neonate non sarebbero state né ovaloidi né dischi. Bensì a forma di banana, come suggerisce lo stesso titolo dello studio (Galaxies Going Bananas) con un inglesissimo gioco di parole. Una conclusione raggiunta da un pool di scienziati che hanno riesaminato le circa 4000 fotografie scattate dal super telescopio lanciato nel giorno di Natale del 2021.

«È un risultato sorprendente e inaspettato, anche se c’erano già degli indizi» ha commentato Viraj Pandya, uno dei principali autori del paper, che uscirà tra pochi giorni sull’Astrophysical Journal.

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Una delle immagini presenti nello studio, in cui si dimostra la conformazione ‘a banana’ delle galassie neonate

Se ulteriori studi e ricerche confermeranno i risultati, molti esperti hanno confessato che sarebbe alterata profondamente la loro comprensione di come le galassie si generano e crescono. Una novità come questa potrebbe addirittura offrire qualche indizio in più riguardo alla materia oscura. Si tratta di una sostanza ignota e invisibile, che costituirebbe la maggior parte dell’Universo e che – circondando le neonate galassie – fornisce loro vivai gravitazionali per crescere.

Alan Dressler, scienziato del Carnegie Observatories, frena un po’ l’entusiasmo. «Conservo un certo scetticismo riguardo a questo risultato. Data la difficoltà di tale misurazione soprattutto per le galassie lontane, piccole e poco luminose».

Il metodo di studio utilizzato

I risultati si basano su indizi provenienti da precedenti osservazioni del telescopio Hubble. Secondo Joel Primack, astronomo dell’Università della California, le prime galassie avevano forme di sottaceti. Il team di scienziati ha analizzato le immagini delle galassie in una zona di cielo nota come Extended Groth Strip. Una piccola striscia di Universo dove sono osservabili oltre 50mila galassie di qualunque età. Un’area che è stata rilevata con precisione da numerosi telescopi, compreso l’Hubble.

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La Extendend Groth Strip, così come vista dal telescopio Hubble

Il dottor Pandya e i suoi collaboratori si sono concentrati sullo studio delle forme tridimensionali delle galassie, analizzando statisticamente le loro proiezioni bidimensionali nel cielo. Se queste galassie primordiali fossero ovali o dischi dovrebbero occasionalmente presentare ai telescopi le loro facce complete, apparendo rotonde e circolari. Cosa che però non è mai stata registrata. «Appaiono costantemente molto lineari», ha detto il dottor Pandya, «con alcune galassie che mostrano molteplici gruppi luminosi disposti come perle su una collana».

Galassie oblunghe di questo tipo oggi sono rare ma costituiscono circa l’80% del campione analizzato, che risale a circa 500 milioni di anni dopo il Big Bang. Si tratta delle progenitrici di sistemi stellari come la Via Lattea. «Il che significa che la nostra galassia – ha spiegato Pandya – potrebbe aver attraversato una fase morfologica simile a un sigaro in passato».

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Una vista della Via Lattea, con la sua forma a disco piatto

Nell’universo moderno le galassie sembrano presentarsi in due forme fondamentali: nuvole rotondeggianti chiamate ellittiche e dischi piatti, come la Via Lattea. Ma a quanto pare le primissime non sono nate così. Il motivo, sospettano gli astronomi, è legato alle proprietà della materia oscura. Quest’ultima, secondo la teoria più accreditata, è costituita da nubi di particelle subatomiche rilasciate dal Big Bang. La materia atomica, attirata dalla gravità in queste nuvole, si sarebbe condensata e illuminata in stelle e galassie.

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