Un sogno iniziato all’oratorio: ora Ndour vuole prendersi l’Italia U19

Appena dietro la chiesa di San Giacomo, c’è un campetto in erba sintetica. Si entra da un cancello verde, in fila ci sono decine di biciclette. All’oratorio del quartiere Fiumicello di Brescia, in estate, i bambini iniziano a calciare palloni fin dal mattino. Qualche anno fa, ci andava anche il piccolo Cher, mamma Silvia lo teneva per mano: lui aveva cinque anni. La casa della famiglia Ndour è a pochi metri da lì: «Il San Giacomo è stata la sua prima squadra».

Umberto Bini lo dice con orgoglio, è stato il primo allenatore del centrocampista italiano classe ’04 che dopo due anni nelle giovanili del Benfica sembra essere a un passo dal Psg. Ora è in campo con l’Italia U19 per l’Europeo, ha già segnato al debutto contro Malta. A Fiumicello, nessuno si sorprende: «Avevamo fatto un accordo con la scuola materna, il sabato mattina arrivavano i piccoli per allenarsi». Cher aveva gli occhi vispi, gli mancava qualche dentino e passava le giornate da noi: «Era diverso da tutti, ce ne siamo accorti subito. Pensavamo avesse già giocato a calcio. Invece no. A quell’età gli altri prendono il pallone con le mani, lui controllava con la suola e segnava da centrocampo».

Cher Ndour all’oratorio di San Giacomo

Gol per convincere

Due stagioni al San Giacomo, fino al 2011, prima del passaggio nel settore giovanile del Brescia a sette anni: «Organizzavamo molti tornei, Cher giocava coi più grandi. Lo schieravo in attacco, realizzava almeno cinque reti a partita. Di tacco, in rovesciata. Lo premiavano sempre come miglior giocatore. Ricordo una competizione a Desenzano del Garda, lui era in panchina e perdevamo 3-0. Appena entrato ha segnato tre gol e abbiamo vinto 4-3». Gli osservatori del club di Cellino lo hanno notato così: «Ci chiesero il ragazzo in prova per un anno. Di solito, l’oratorio riceveva in cambio palloni o materiale tecnico. Per Cher, ci hanno rimborsato la quota associativa annuale di poche centinaia di euro». Quando il centrocampista torna a casa, la prima telefonata è a Umberto: «La scorsa estate è passato all’oratorio per premiare i bambini dopo il torneo estivo. Mi ha anche regalato la maglia del Benfica, l’ho incorniciata. Sono davvero orgoglioso di lui».

Oscar Maresca

Curioso di professione, giornalista per passione. Classe ’98, nato a Napoli. Innamorato delle storie da raccontare e del calcio. Pubblicista dal 2017, praticante per MasterX, collaboro per La Gazzetta dello Sport. A Milano per scelta. Sogno e scrivo, non necessariamente in questo ordine.

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