Il Six Kings Slam rappresenta la prima incursione dei petroldollari sauditi nel mondo del tennis. La monarchia araba ha invitato sei fra i migliori tennisti al mondo a sfidarsi in un torneo di esibizione a Riyad. In palio, un primo premio sontuoso: 6 milioni di dollari, una cifra mai vista in un evento tennistico.
Un montepremi da re, anzi da faraoni
Non darà punti per la classifica ATP, in quanto esibizione, ma non si può certo dire che il Six Kings Slam non valga nulla. A ciascuno dei suoi sei contendenti (tutti invitati, nessuno lì per sorteggio o qualificazione) spetta un milione e mezzo di dollari come gettone di partecipazione. Le cifre ovviamente decollano poi a seconda delle posizioni raggiunte nel corso della competizione. Il vincitore tornerà a casa con un bottino da 6 milioni di dollari (circa 5,5 milioni di euro). Una cifra mai vista nel tennis: per fare un paragone, nei due tornei ufficiali più ricchi, ovvero Wimbledon e lo US Open, al vincitore spettano “appena” 3,6 milioni di dollari.
Un’offerta di questa portata non poteva che incontrare l’assenso immediato degli invitati. Chi sono i fortunati? Ci sono quattro dei primi cinque nel ranking ATP. In ordine sono: l’italiano Sinner, lo spagnolo Alcaraz, il serbo Djokovic e il russo Medvedev. In dote portano, tra gli altri risultati ottenuti in questa stagione, i quattro titoli del Grande Slam e la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi. Completano il sestetto il danese Rune (n. 14 al mondo), forse il meno quotato del gruppo, e Rafa Nadal. Lo spagnolo, prossimo al ritiro, occupa al momento la 153esima posizione nel ranking, ma a giustificare la sua presenza basta la fenomenale carriera che ha alle spalle.
Uno spettacolo breve
Rispetto ai ritmi tipici del tennis, il Six Kings è decisamente breve. Il numero dei suoi partecipanti fa sì che i più durevoli giocheranno tre partite, ciascuna al meglio dei tre set. Inoltre, non trattandosi di un multiplo di 4, il torneo non presenta la struttura piramidale dove si procede per eliminazione diretta dell’avversario. Per ovviare al problema l’organizzazione saudita ha optato per far entrare due giocatori – Djokovic e Nadal, i più anziani presenti – già nel secondo turno, che corrisponde alla semifinale.
Quanto alle note tecniche, il torneo si gioca sul cemento, in uno stadio coperto costruito appositamente, “The Venue”. In quest’arena da ottomila posti, i sei “re” del tennis giocheranno dal 16 al 19 ottobre. I primi due giorni dedicati a quarti e semifinali, il quarto e ultimo giorno con le due finali per l’assegnazione del primo e del terzo posto. In mezzo, un giorno di riposo: il regolamento ATP, infatti, non consente che un’esibizione (come il Six Kings) si giochi su tre giorni consecutivi.
La competizione non ha prezzo
L’assenza di punti in palio per la classifica ATP toglie molto valore competitivo al torneo. Le conseguenze ricadono sulla motivazione dei tennisti, che si trovano a giocare solo per denaro, o al massimo per la gloria personale di aver battuto anche qui un rivale quotato. Qualche effetto si è già visto nelle prime partite. Medvedev si è arreso a Sinner in due set a senso unico (6-0 6-3) e anche Rune, certamente meno ostico, non ha impensierito Alcaraz, che lo ha sconfitto per 6-4 6-2. I primi due al mondo hanno poi superato anche le semifinali. Tutto liscio per Alcaraz, che ha battuto Nadal 6-3 6-3, confermando un passaggio di consegne sancito da tempo. Un po’ più lungo il match tra Sinner e Djokovic: dopo essersi imposto nel primo set (6-2), l’italiano ha lasciato il secondo parziale a Nole al tie break (7-6), per poi trionfare nell’ultimo terzo (6-4).
Jannik e Carlos si fronteggeranno ancora una volta in finale, dunque, rinnovando un duello sempre più frequente. Non c’è dubbio che in questo momento i due siano i migliori al mondo. A dirlo non è solo la classifica, ma anche i titoli Slam che quest’anno si sono divisi equamente: Australian e US Open a Sinner, Wimbledon e Roland Garros ad Alcaraz. Di nuovo, il Six Kings non varrà niente quanto a punti, ma sarà un’occasione per vedere un altro confronto fra i due campioni, nessuno dei quali è disposto a lasciare un dollaro all’altro.
Un evento iper-mediatico, nello stile della Riyadh Season
In termini economici, come detto, è proprio vero che al Six Kings per vincere basta partecipare. C’è però chi ha vinto senza scendere in campo: è la monarchia saudita, che ancora una volta attira su di sé gli occhi del mondo organizzando un evento sportivo dal grande valore mediatico. La ricetta si conosce: impianti all’avanguardia, cifre oltre ogni immaginazione e una presentazione appetibile per il pubblico. Un pubblico che si vorrebbe più ampio dei soli appassionati di tennis, da richiamare con un trailer dai toni epici e supereroistici.
Un trattamento non certo riservato esclusivamente al tennis, dal momento che l’Arabia saudita (come altri Paesi della regione) sta facendo di tutto per ritagliarsi uno spazio nell’organizzazione di eventi sportivi. Con tutte le ricadute economiche, politiche e di immagine, che questi comportano. Il modello ha un nome: è la Riyadh Season, una serie di eventi di intrattenimento, culturali e sportivi, che si tengono nella capitale araba. Ideata nel 2019, la “stagione” procede da ottobre a marzo. A organizzarla è la General Entertainment Authority, il dipartimento governativo che regola l’industria dell’intrattenimento nel Paese.
Alla ricerca di un ruolo da protagonista
Quest’anno la Riyadh Season ha ospitato già due eventi, appartenenti ad altri sport. Il primo è stato la finale della Supercoppa africana, giocata il 27 settembre nella Kingdom Arena. Lo stesso palazzetto è poi stato la sede dell’attesissimo incontro di pugilato fra i campioni mondiali dei pesi mediomassimi Dmitrij Bivol e Arthur Beterbiev, disputato il 12 ottobre. E non è finita, perché il resto della stagione ha in calendario altri eventi di rilievo. Tra questi, in gennaio, le Supercoppe di Italia e Spagna, nella nuova formula a quattro squadre.
Con questo programma in atto, è probabile che i tentativi di colonizzare il tennis a suon di offerte milionarie continueranno, magari con l’obiettivo di arrivare ad una manifestazione fissa. Da più parti si vocifera, infatti, che l’Arabia saudita si stia da tempo proponendo per l’organizzazione di un Masters 1000, che si aggiungerebbe ai nove già esistenti. Se così fosse, il concretizzarsi di questa possibilità dipenderebbe solo dall’ATP, dal momento che i tennisti – come dimostrato dal Six Kings – sono pronti a rispondere presente all’appello dei milioni del deserto.