Undici vittorie in diciassette presenze. I numeri di Tadej Pogacar sono impressionanti. Il ciclista sloveno sta riscrivendo la storia del suo sport. Con il trionfo all’Amstel Gold Race, nel 2023 si è imposto nel 65% delle competizioni a cui ha partecipato. La percentuale ha pochi precedenti nella storia del ciclismo e richiama un nome: Eddy Mercx. Il “cannibale” belga, così è ricordato, è considerato dagli addetti ai lavori il ciclista più forte di tutti i tempi con le sue 445 vittorie tra i professionisti, spalmate su tutti i terreni, dalle grandi salite, al pavé, alle volate.
I numeri di Pogacar
Pogacar per ora è fermo a 57 successi, ma ha caratteristiche analoghe a Mercx. Trionfa nei Grandi Giri (in bacheca ha già due Tour de France), vince le classiche, anche quelle con il pavé, e a volte si impone nelle volate di gruppo ristrette. Un corridore a 360 gradi capace di conciliare le qualità in salita a quelle sul pavé e in volata. Lo scorso 2 aprile Pogacar è diventato il terzo di sempre ad accoppiare il Giro delle Fiandre al Tour de France, dopo Louison Bobet e proprio Merckx. E domenica 16 aprile, come solo Philippe Gilbert nel 2017, Merckx nel 1975 e Jan Raas nel 1979, ha conquistato Fiandre e Amstel Gold Race nella stessa stagione.
Non solo Tadej…
Il corridore sloveno, però, non è solo. Anzi è in ottima compagnia. Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert non sono da meno e anche Remco Evenepoel sembra avviato a seguire le orme di Pogacar. I primi due non vincono i Grandi Giri, ma danno spettacolo sempre e comunque. Assieme allo sloveno hanno monopolizzato le classiche disputate finora, dando vita a un triumvirato delle meraviglie.
Il primo assaggio dello scontro frontale tra i tre è stato alla Milano Sanremo. Nella Classicissima Van der Poel ha avuto la meglio grazie a un’azione impressionante sul Poggio. L’apice della sfida, però, è stato toccato alla E3 Saxo Classic, vinto da Van Aert dopo che una volata ristretta tra i tre. Ma si è riproposta al Fiandre con Pogacar che ha staccato i due avversari sull’Oude Kwaremont dopo una battaglia di quasi 80km. Alla Parigi-Roubaix lo sloveno non c’era, ma l’olandese e il belga hanno comunque regalato emozioni. Il testa a testa è stato negato solo dalla foratura di Van Aert che ha permesso a Van der Poel di involarsi in solitaria, diventando il quarto della storia a fare la doppietta Sanremo-Roubaix nello stesso anno.
Una volata con van Aert, van der Poel e Pogacar: CHE SPETTACOLO! 🍿#EurosportCICLISMO | #E3SaxoClassic https://t.co/nJZSmPsfGN
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) March 24, 2023
A tutto questo si aggiungono le brevi corse a tappe, in cui Primoz Roglic ed Evenepoel, ma anche Jonas Vingegaard e ancora Pogacar hanno dominato. Insomma, una Primavera da pelle d’oca per il ciclismo, in attesa della Liegi-Bastogne-Liegi, dove non ci saranno Van der Poel e Van Aert, ma Pogacar ed Evenepoel si.
Siamo in un’epoca d’oro del ciclismo
Grazie ai sei campioni citati, il ciclismo sta vivendo un epoca d’oro che lo riporta indietro di quai mezzo secolo. Negli anni 70 i cacciatori di classiche come Merckx, Roger De Vlaeminck, Walter Godefroot, Eddy Planckaert, Freddy Maertens e Francesco Moser monopolizzavano le grandi corse di un giorno in primavera. Esattamente ciò che è accaduto in questo 2023 con Pogacar, Van der Poel e Van Aert che si sono aggiudicati tutte le gare più prestigiose di questo primo scorcio di stagione. L’unica che hanno “concesso”: la Gand Wevelgem, è andata a Christophe Laporte, ma perché Van Aert ha lasciato la vittoria al compagno di squadra.
Il ciclismo è tornato ad appassionare il pubblico grazie a loro. Il loro istinto misto follia regala emozioni a ogni gara perché in qualsiasi momento, anche a 100km dall’arrivo come accaduto alla Roubaix, la corsa può esplodere. Ciò che impressiona, però, è la costanza di rendimento di questi corridori. Non deludono mai, attaccano sempre. Sia nei punti decisivi che in quelli sulla carta interlocutori. E se il pronostico della vigilia li vede protagonisti, loro lo rispettano.
Un po’ come successo in tutte le brevi corse a tappe disputate finora. Se al via c’erano Pogacar, Vingegaard, Roglic o Evenepoel uno di loro ha vinto. E spesso hanno regalato sfide spettacolari come alla Parigi-Nizza tra i primi due o al Giro di Catalogna tra lo sloveno e il belga.
Addio tecnologia
Prima del Covid il ciclismo era immerso nell’epoca dei watt, dei potenziometri e di tutti i sistemi tecnologici che consentono di monitorare in tempo reale la propria prestazione. In quegli anni dominava il team Sky, vincitore di sette di otto Tour de France tra il 2012 e il 2019. Il ciclista simbolo del periodo era Chris Froome, trionfatore in tutti e tre i Grandi Giri tra cui quattro Grand Boucle, che era solito pedalare con il capo chinato e gli occhi fissi sul misuratore di potenza per controllare in tempo reale i dati. Le corse si decidevano negli ultimi 10, per non dire 5km, e le imprese del passato sembravano un lontano ricordo. Nel giro di tre anni è cambiato tutto. Quello di oggi, è un ciclismo che ha detto addio alla tecnologia per far nuovamente spazio all’istinto.