Allo Smoothie King Center di New Orleans, Louisiana, il tabellone segna 5 minuti e 33 secondi dallo scadere dell’ultimo quarto.
La partita tra Pelicans e Lakers è in equilibrio: a separare i padroni di casa dagli ospiti sono solo due punti, un singolo possesso. Dopo aver guidato il punteggio per quasi tutto il match, New Orleans si è vista riacciuffare dalle prestazioni monstre di due delle superstar di Los Angeles.
La prima porta la firma del grande ex Anthony Davis, inseguito da mezza NBA nella scorsa stagione e approdato in gialloviola quest’estate in cambio di Lonzo Ball, Brandon Ingram, Josh Hart e tre future scelte. Fischiatissimo dal suo vecchio pubblico, “The Brow” metterà a segno 41 punti, record per un giocatore contro la sua ex squadra.
La seconda è a opera di quello che è da molti considerato il miglior giocatore di tutti i tempi: LeBron Raymone James Sr., in arte LeBron James. A 5 minuti e 33 secondi dalla fine la sfera è in mano sua. I compagni si aprono e gli concedono l’isolamento, perché quando il momento è decisivo, nel basket la palla va lasciata al più forte.
Uno, due, tre palleggi. Arresto improvviso. Bomba da 3, dalla sua posizione. Una sequenza vista infinite volte, ma che non ci basta mai. L’avrà vista anche Jaxson Hayes, a cui spetta l’ingrato compito di difendere contro “The King”: il rookie prova a oscurare il canestro dall’alto dei suoi 2 metri e 13 centimetri, ma contro il Re non c’è niente da fare.
Il canestro appena siglato da LeBron rappresenta l’ennesimo traguardo in una carriera a dir poco straordinaria: per il ragazzo di Akron è il punto numero 33.000. Prima di lui, solo tre cestisti erano riusciti nell’impresa: Kobe Bryant, Karl Malone e il leggendario Kareem Abdul-Jabbar. Curiosamente, tutti e tre hanno vestito la casacca dei Lakers.
Inarrestabili Lakers
I 29 punti di LeBron, di cui 15 segnati nell’ultimo quarto, valgono ai Lakers la nona vittoria consecutiva e il miglior bilancio della lega. La squadra allenata da Frank Vogel siede in cima alla Western Conference con un record di 16 vittorie e 2 sconfitte: i gialloviola non partivano così forte dalla stagione 2008-2009.
La Regular Season è iniziata da poco più di un mese, ma LeBron e compagni sono già ritenuti tra i grandi favoriti per arrivare in fondo alle Finals. Al momento sono poche le squadre che sembrano in grado di tenerne il passo: a ovest i rivali cittadini dei Clippers, guidati dalla coppia Kawhi Leonard – George Paul; a est i Milwaukee Bucks, trascinati dall’MVP della stagione passata Giannis Antetokounmpo.
Un andamento frutto di una presenza offensiva di primissimo livello e di un’inattesa solidità difensiva, che proiettano i Lakers nella top 10 per rendimento su entrambi i lati del campo. Merito indubbiamente del super duo LeBron-Davis, ma anche del lavoro della dirigenza che ha saputo allestire un roster profondo e competitivo nell’ultima finestra di mercato: grazie a innesti mirati, come quelli di Danny Green, Avery Bradley e di un rinato Dwight Howard, oltre che alle conferme di tasselli importanti come Kyle Kuzma, Javale McGee e del veterano Rajon Rondo.
Uno dei pochi interrogativi della preseason era quanto tempo avrebbero impiegato le due superstar a raggiungere l’intesa e a trovare un equilibrio con il resto della rosa, ma AD e LeBron hanno spazzato ogni dubbio già nelle primissime uscite. Ora, a meno di gravi infortuni ai suoi componenti chiave, il team di Vogel appare destinato a dominare per tutta la stagione.
Washed King? No, grazie
Da “The King” a “The Chosen One”, i soprannomi altisonanti attribuiti a LeBron nel corso della sua carriera si sprecano, ma i suoi detrattori non sono mai mancati. La scorsa stagione, la prima in forza ai Los Angeles Lakers, è stata tutt’altro che indimenticabile per lui: gli infortuni lo hanno costretto a saltare ben 27 partite e la squadra ha mancato l’obiettivo dei playoff, cosa che a James non accadeva da 14 anni.
Anche a fronte dei tre campionati NBA vinti e dei tre titoli personali di Finals MVP conquistati con le casacche dei Miami Heat (2012 e 2013) e Cleveland Cavaliers (2016), le critiche rivolte a Re James sono state pesantissime: in molti lo hanno definito “Washed Up”, ovvero un giocatore ormai “finito”, rinfacciandogli le 6 finali perse.
In risposta, lui si è rimboccato le maniche e si è reinventato nel ruolo di playmaker, puntando ancor di più sull’ottima visione di gioco che lo ha contraddistinto per anni anche nel ruolo di ala: oggi segna meno (25.6 punti a gara), ma guida l’attuale classifica degli assist con ben 11 passaggi vincenti a partita.
Poco più di una settimana fa, LeBron ha siglato un altro incredibile primato nella vittoria contro gli Oklahoma City Thunders: con 25 punti, 11 rimbalzi e 10 assist messi a referto, il Prescelto è diventato il primo e unico cestista nella storia a realizzare una tripla doppia contro tutte le franchigie presenti nell’NBA.
In poco meno di un mese LeBron si è scrollato di dosso le critiche ed è tornato quello che siamo stati abituati ad ammirare in tutti questi anni: su twitter spopola l’hashtag #WashedKing, lanciato con provocante ironia dallo stesso numero 23 dei Lakers.
Verso i prossimi record
«Non ho nient’altro da dimostrare», dichiarava Michael Jordan nel 1993, dopo il terzo titolo NBA consecutivo conquistato con i Chicago Bulls. Si ritirò, ma tornò due anni dopo e conquistò altri tre titoli di fila tra il 1996 e il 1998.
Per molti MJ è ancora il più forte cestista di tutti i tempi, ma LeBron lo ha superato proprio lo scorso marzo nella classifica dei migliori realizzatori. Ora nel mirino di James c’è Kobe Bryant, fermo a 33.643 punti, poco più di 600 lunghezze: il Re dovrebbe agganciare e scavalcare il “Black Mamba” già nel corso di questa stagione.
Più distanti Karl Malone con 36.928 punti e Kareem Abdul-Jabbar con 38.387, ma il tempo è tutto dalla parte di LeBron: se giocherà una media di 70 partite da 20 punti l’una, numeri ampiamente alla sua portata, gli basteranno 4 stagioni per diventare il giocatore più prolifico di sempre.
Meno scontati, almeno all’apparenza, i primati legati a minuti e presenze. Per quanto riguarda i minuti giocati, LeBron siede attualmente al 13esimo posto con 46,871, contro i 57,446 di Kareem che occupa il gradino più alto del podio anche in questa graduatoria. Nelle partite totali, invece, James è “solo” 37esimo con 1216 match all’attivo; il record appartiene a Robert Parish con 1611.
Più alla portata il record di presenze ai playoff, dove LeBron detiene già il primato di punti segnati (6911): Derek Fisher ha giocato 259 partite nella fase finale, esattamente 20 in più del Prescelto. Difficile il sorpasso già quest’anno, probabile nella prossima stagione se i Lakers confermeranno quanto mostrato in questo mese.
LeBron ha dichiarato di voler continuare a giocare fino a quando anche suo figlio Bronny calcherà i palcoscenici dell’NBA: nell’attesa, il Re potrà dilettarsi continuando a infrangere record su record, come ha fatto in tutti questi anni.
Sedetevi comodi e prendete i popcorn: il ragazzo di Akron non ha ancora finito di stupirci.