NBA, cala il sipario sull’All Star Weekend 2020 nel ricordo di Kobe Bryant

Tre giorni di super sfide. Tre giorni di show-time. A Chicago, nella patria che fu di Michael Jordan e Scottie Pippen, la NBA e i suoi migliori giocatori sono scesi in campo allo United Center per dar vita al 69° All Star Weekend.

Non un’edizione come le altre. Il ricordo di Kobe

A colui che partecipò per 18 volte consecutive a questo evento è stata dedicata l’edizione del 2020. Kobe Bryant, il black mamba la cui scomparsa ha sconvolto il mondo della pallacanestro e dell’NBA, con la lega e i suoi ex colleghi che hanno deciso di ricordarlo facendo la cosa più ovvia: dando spettacolo sul parquet.

Dal numero 24 di Dwight Howard sotto il simbolo di Superman nello Slam Dunk Contest, fino ai numeri presenti sulle maglie dei giocatori sia nel Rising Star Challenge che in quelle dell’All-Star Game. Inoltre, sulla spalla destra di ogni giocatore, un cerchio costituito da nove stelle, tante quante sono state le vittime dell’incidente in elicottero in cui sono morti i Bryant. Tutti i membri del team Giannis avranno sulla maglia il numero 24 di Kobe e tutti quelli del Team LeBron avranno il numero 2 di Gianna, la figlia 13enne morta anche lei nell’incidente. Commovente, durante la presentazione della partita delle stelle, il tributo offerto al numero 24 gialloviola dalla cantante Jennifer Hudson.

“It’s like every time I go to sleep and then wake up somebody else is gone! This news Hurts my heart so bad !”

 

Ma non solo simboli o numeri di maglie. Kobe è stato omaggiato cambiando addirittura il format dell’All Star Game, la partita delle stelle fra il team LeBron e il team Giannis. I primi tre quarti infatti sono stati giocati come delle partite separate e alla fine di ogni quarto il tabellone è stato resettato. La squadra vincente di ogni quarto ha ricevuto 100mila dollari da destinare in beneficienza a un organo da sé scelto.

Finiti i primi tre quarti, i punteggi sono stati sommati e il punteggio più alto delle due squadre è stato fissato come punteggio da raggiungere nell’ultimo quarto più altri 24 punti, come il numero di maglia di Kobe Bryant. La prima squadra a raggiungere il punteggio prefissato vince la partita e ottiene 200mila dollari da dare in beneficienza. Nel caso in cui una delle due squadre dovesse vincere tutti i quarti, riceverebbe 500mila dollari, mentre la perdente ne otterrebbe 100mila. 

Aspettando l’All Star Game, il Friday night

La notte tra venerdì 14 e sabato 15 febbraio (ora italiana) ha messo in scena il Celebrity Game. Due squadre allenate da due commentatori ESPN, Stephen A. Smith e Michael Wilbon. Delle due compagini fanno parte cantanti, attori e sportivi. La vittoria è andata al team Wilbon che ha prevalso 62 a 47.

Dopo il Celebrity Game sono scesi in campo gli «astri nascenti» dell’NBA per la Rising Stars Challenge, ossia il match in cui i protagonisti sono i rookie, i giocatori al primo anno di NBA, e i sophomore, che sono al secondo anno. Team World e team Usa, queste le due squadre con la prima composta da giocatori «stranieri» e la seconda composta solo da cestisti americani. Nel team World c’era anche un italiano, Niccolò Melli dei New Orleans Pelicans, chiamato in sostituzione di DeAndre Ayton dei Phoenix, infortunatosi alla caviglia sinistra. La vittoria è andata al team USA per 151 a 131 nel segno di un grande Zion Williamson, rookie dei Pelicans anche se il canestro più spettacolare lo ha realizzato la stella dei Dallas Mavericks, Luka Doncic.

Saturday night, parola d’ordine: talento

Sabato notte è stata la volta dell’All-Star Saturday Night, la notte delle sfide individuali. La prima sfida è la Skills Challenge, una gara di abilità dove i partecipanti devono affrontare un percorso in cui mettere in mostra le capacità di palleggio, slalom tra ostacoli, tiri a canestro e passaggi verso bersagli fissi. A ottenere il trofeo, il lungo dei Miami Heat, Bam Adebayo al termine di una tirata finale con Domantas Sabonis dei Pacers.

 

La sfida successiva è stata il Three Point Contest. La gara in cui ogni partecipante deve mettere a segno quanti più canestri possibili  da tre punti avendo a disposizione 25 palloni divisi in cinque carrelli e posti sulla linea dei sette metri e 25. I primi quattro palloni di ogni carrello, se mandati a segno, valgono un punto, il quinto è la Money Ball e vale due punti. Novità di quest’anno sono le «MTN DEW ZONE», ossia due nuove zone equidistanti dal canestro, a 1.8 metri dalla linea del tiro da 3: hanno una speciale di palla verde, la “3-Ball” e ogni tiro vale tre punti. A vincere la gara dei cecchini è Buddy Hield, guardia dei Sacramento Kings che ha scippato il titolo a Devin Booker mettendo dentro l’ultimo tiro disponibile precedendo così il cestista dei Suns 27 a 26

Slam Dunk Contest, altra beffa per Gordon

L’All-Star Saturday Night si è concluso con lo Slam Dunk Contest ossia la gara delle schiacciate. I quattro partecipanti hanno a disposizione due minuti e tre tentativi per concludere con una schiacciata e devono eseguire due schiacciate per ogni turno. Cinque giudici assegnano il punteggio che può essere al massimo di 50 punti per schiacciata. I due finalisti si contendono poi il titolo di schiacciatore dell’anno.

Nonostante una gara praticamente perfetta con tutti 50 ottenuti prima dell’ultimo tentativo, lo schiacciatore di Orlando, Aaron Gordon, non ha ottenuto il trofeo. È la seconda edizione dove il numero 00 dei Magic sfiora la vittoria. Dopo il mancato successo nel 2016 dove a trionfare fu Zach LaVine al termine di un contest spettacolare, questa volta a scippargli il titolo è stato Derrick Jones Jr. A Gordon non è bastato saltare letteralmente Tacko Fall, giocatore dei Boston Celtics di 226 cm. 47 è un punteggio che non è bastato a pareggiare il 48 dell’avversario che ha dunque alzato il premio con lo  Gordon che ha poi annunciato il ritiro dal Contest delle schiacciate dopo la cocente delusione. Ma le polemiche non sono mancate con gli appassionati che hanno gridato al «furto» accusando la giuria di aver «derubato» Gordon. Due giudici della serata, Common e Candace Parker, hanno poi commentato: «Eravamo d’accordo per un altro pareggio, ma qualcuno ha fatto di testa sua». 

 

Sunday night, welcome stars!

Come detto, l’ultimo spettacolo dell’All Star Weekend è la partita più attesa dagli appassionati: l’All Star Game. Il nuovo format in ricordo di Kobe Bryant è stata la più grande novità. Una partita come sempre anomala quella dell’All Star Game dove spettacolo e giocate di effetto sono il leitmotiv della serata con le difese che si accomodano comodamente sugli spalti.

Primo quarto al team LeBron, il secondo al team Giannis. Il terzo quarto per la sorpresa di molti, è finito in parità, 41 pari. Nessun supplementare: i 100 mila dollari in palio da donare in beneficenza sono «scalati» al 4° quarto. Anche se definirlo così non è proprio corretto per il nuovo regolamento. Dopo i primi tre quarti giocati, il quarto periodo si gioca in stile campetto di periferia: nessun cronometro con il tempo, chi arriva prima a 157 (somma del punteggio più alto delle due squadre, 133 + 24 punti in onore di Kobe) vince 300 mila dollari da donare in beneficienza. L’ultimo «non quarto» si è acceso all’improvviso diventando partita vera con molto più agonismo e molta più concentrazione. A spuntarla in volata, dopo una battaglia punto a punto tra falli, tiri sbagliati e challenge chiamati, è il team LeBron, 157 a 155 con la stella dei LA Clippers, Kawhi Leonard eletto MVP della partita.

Roberto Balestracci

24 anni, quasi 25. Laureato in Scienze della Comunicazione, coltivo da sempre la passione per lo sport e per le sue emozioni. Interista, porto la Maremma nel cuore. Ma non solo. Il diploma in violino al conservatorio di Siena mi permette di collegare due mondi, sport e musica, apparentemente lontani

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