D’accordo che era un’amichevole, d’accordo che dall’altra parte c’era una nazionale calcisticamente forte come l’Argentina ma la prestazione dell’Italia del calcio venerdì sera è stata, volendo usare un eufemismo, deludente. 45 minuti di nulla assoluto con i biancocelesti che si permettono addirittura di spedire in tribuna Lionel Messi (decisione mal digerita da molti tifosi che si aspettavano di vedere la Pulce in campo) poi l’Italia ha la grande chance con Insigne che spreca clamorosamente. E per la legge non scritta ma sempre veritiera del “gol sbagliato gol subito” gli azzurri vengono puniti nel finale da Banega e Lanzini.
Un po’ meglio è andata ieri sera contro l’Inghilterra. Formazione con qualche cambio, Donnarumma per Buffon, Pellegrini a centrocampo. Cambi che denotano la voglia del ct di Biagio di trovare il giusto equilibrio ma su cui i maligni mormorano: venerdì torna il campionato, i big devono riposare. Buon inizio, solita disattenzione difensiva che rispecchia tutte le difficoltà psicologiche (prima che tecniche e fisiche) dell’Italia di oggi e pareggio acciuffato all’ultimo con un rigore battuto da Insigne.
Al di là del risultato finale ciò che salta agli occhi è l’insicurezza che sembra aver contagiato tutta la compagine azzurra. Insomma sembra che l’instabilità e l’incertezza che regnano all’interno della FIGC e della Lega Calcio da dopo il fallimento mondiale abbiano inevitabilmente contagiato anche i giocatori.
E allora bisognerebbe essere uniti, remare tutti nella stessa direzione… e invece no. C’è chi polemizza sulla presenza di Buffon dopo il suo annunciato ritiro dopo l’eliminazione mondiale con la Svezia, affermazione “fuori dalla grazia di Dio” come le ha definite lo stesso portiere (tra l’altro migliore in campo contro l’Argentina). C’è poi il commissario straordinario della FIGC, Fabbricini, che attacca il ct Di Biagio affermando, senza giri di parole, “stiamo cercando il meglio” delegittimando così clamorosamente l’attuale allenatore. Quest’ultimo continua a invocare pazienza ma sembra che i dirigenti del calcio italiano la finiranno presto. A patto di riuscire a convincere uno tra Ancelotti, Conte o Mancini a sedersi sulla panchina azzurra. Cosa che un po’ per la situazione attuale un po’ per lo stipendio che può offrire (decisamente inferiore a quello di un club) pare tutt’altro che facile.
E poi c’è la questione delle questioni: i giocatori. Perché come dice qualcuno, al di là dei problemi dirigenziali, al di là della bravura del commissario tecnico i problemi dell’Italia starebbero soprattutto nella mancanza di campioni. E lì nessuno può fare nulla. A questo si aggiunge poi l’atteggiamento di alcuni calciatori, Insigne e Immobile per fare qualche nome, che calano bruscamente di rendimento quando indossano la maglia azzurra. Calo che i maligni attribuiscono al poco rispetto per la Nazionale di questi giocatori ma che molto più facilmente è dovuto a un modulo diverso, a compagni di reparto diversi e alla mancanza di tempo per assimilare bene il modo di giocare del ct. Un esempio su tutti Jorginho, esaltato dal gioco del Napoli ma che in azzurro non riesce a carburare.
Ecco appunto la mancanza di tempo, un altro problema cronico della nazionale e che sembra ben lontano dall’essere risolto. Infatti quando da Coverciano qualcuno osa pronunciare la parola “stage” provoca le immediate ire dei club di Serie A e B. Perché gli stage tolgono i giocatori ai club, c’è il rischio di infortuni, il calendario è fittissimo…
Già il calendario che anno per anno si infittisce sempre di più arrivando a prolungare un weekend calcistico dal venerdì sera al lunedì. Poi martedì, mercoledì e giovedì ci sono le coppe e poi venerdì è già nuovamente tempo di campionato. E cambiare calendario non si può perché guai a toccare i diritti tv. Insomma per la nazionale non c’è tempo, sembra quasi più un fastidioso impegno extra che non un onore.
E allora viene il legittimo dubbio: ma è così anche negli altri paesi? Al di là dell’atteggiamento dei club che con ogni probabilità è uguale ovunque e dei calendari che sono densi di impegni dappertutto, ciò che gli altri probabilmente hanno e all’Italia manca è un apparato dirigenziale solido. Mancanza che si è vista bene dopo l’eliminazione dal Mondiale e le successive dimissioni di Tavecchio quando la FIGC non è stata in grado di eleggere un nuovo presidente ed è finita commissariata dal capo del CONI Malagò. Il quale ha poi dato a Fabbricini l’incarico di commissario straordinario.
E allora meno male che ci sono i motori verrebbe da dire: consoliamoci con la Ferrari che a Melbourne, nel primo Gp della stagione, batte la favorita Mercedes (però bisogna ammettere la presenza di una consistente dose di fattore C) e con la Superbike che vede la Ducati di Chatz Davis trionfare per la prima volta sul circuito thailandese di Buriram. In attesa che la nazionale torni a regalare altre notti magiche.
Giulia Galliano Sacchetto