All’American Airlines Center di Dallas suona la sirena dell’ultimo quarto. I Mavericks padroni di casa hanno appena finito di crivellare i malcapitati New Orleans Pelicans, seppelliti sotto i 130 punti mandati a referto dai texani. Per Luka Doncic è un’altra giornata in ufficio: sul suo tabellino si legge 26 (in 26 minuti d’impiego), cui fanno compagnia 6 rimbalzi e 9 assist.
Il classe ’99 ci ha abituati talmente bene che a leggere numeri del genere si può quasi pensare a una prestazione sottotono. E’ l’essenza del paradosso che questo ragazzo sloveno sta facendo vivere ai tifosi, ai fan, ai giocatori che hanno il compito di marcarlo e agli allenatori che devono studiare un modo per contenerlo.
Appellandoci alla legge dei freddi numeri, controllando le sue medie stagionali scopriamo che segna 30 punti, cattura 10 rimbalzi e distribuisce più di 9 assist ogni volta che si allaccia le scarpe. Le statistiche non sono che la punta dell’iceberg di ciò che Doncic è in grado di esprimere sul parquet, ma servono almeno a dare un’idea del fenomeno a cui stiamo assistendo. Per esempio, Luka ha una striscia aperta di 18 partite consecutive da almeno 20 punti, 5 rimbalzi e 5 assist, al pari di due leggende come Michael Jordan e Oscar Robertson.
Si può parlare di cifre da predestinato, legittime per un giocatore che a 16 anni era già una stella nel Real Madrid di Pablo Laso. Eppure, nemmeno l’etichetta di prescelto dagli dei del basket riesce a spazzare via quello stupore nel vederlo così dominante a soli vent’anni.
Nella stagione da sophomore, a crescere non sono solo i numeri, ma anche la maturità agonistica e il range delle soluzioni offensive che Luka è in grado di trovare. Ci sono diversi aspetti del suo attacco che testimoniano una crescita che corre di pari passo alla consapevolezza, scelte e giocate che demarcano già una differenza netta con il Doncic matricola della scorsa stagione.
LE ARMI TECNICHE
Tra tutte le qualità in dote a Luka Doncic, l’atletismo è tra quelle che brillano meno. Quando ti trovi davanti un difensore dinamico e dotato di grande mobilità laterale, laddove non arriva l’esplosività arriva il Q.I. cestistico. Se si parla di materia grigia messa al servizio della pallacanestro, infatti, Luka conosce pochi eguali al mondo. Una marcia in più dal punto di vista mentale che esercita soprattutto in alcune, cruciali, fasi del gioco.
LO STEP BACK
Luka parte in palleggio con le ginocchia molto flesse, leggermente più avanti rispetto alle dita dei piedi. Così facendo riesce a coprire una grossa porzione di campo già al primo palleggio, che nella maggior parte dei casi già gli basta per effettuare un passo indietro e arrestarsi con sufficiente spazio tra sé e il suo marcatore. Inoltre, a dispetto delle gambe piegate, la schiena rimane dritta, una postura composta che gli consente di essere di essere già pronto per il tiro appena concluso il passo di arretramento.
PARTENZA IN PALLEGGIO
Doncic è un maestro nell’interpretare il linguaggio del corpo di un avversario. Spesso comincia l’azione con una serie di palleggi sul posto, apparentemente inutili ma che in realtà sfrutta per capire l’atteggiamento del difensore e trovare l’arma migliore per punirlo. Per guadagnare un vantaggio gli basta una sola indecisione da parte della difesa: il suo ball handling lo aiuta ad arrivare al ferro dopo un rapido cambio di mano.
FINALIZZAZIONE
Quando si trova nel cuore dell’area spesso sceglie di rallentare. Mentre frena la penetrazione, continua a studiare le reazioni della difesa e in una frazione di secondo riesce a escogitare la migliore soluzione di tiro.
A volte ruba il tempo all’aiuto difensivo con una conclusione morbida sfruttando il primo passo del terzo tempo. In altre occasioni usa il contatto fisico per generare separazione tra sé e il difensore in aiuto; spesso è addirittura lui ad appoggiarsi appositamente al lungo avversario per poi allontanarsi e ricavare un vantaggio in termini di spazio.
Doncic si distingue anche nel cosiddetto “floater game”: riesce a mantenere la coordinazione in aria e a concludere in controtempo, mandando fuori giri la difesa. Il fatto che riesca a tirare con efficacia nella fase discendente del salto, la dice lunga sulla sensibilità dei suoi polpastrelli. Queste sono solo alcune delle soluzioni che Luka è in grado di adottare in base a come si muove la difesa.
ASSIST
Grazie all’intelligenza che lo caratterizza, Doncic ha la capacità di leggere in anticipo dove andrà a parare un’azione offensiva. In situazione di gioco a due, per esempio, riesce a far uso della già citata abilità di rallentamento per “aspettare” che il bloccante arrivi al ferro, in modo da servirlo coi tempi giusti. Le sue doti di passatore sono messe in risalto dalla pericolosità offensiva: sfrutta i continui raddoppi e gli aiuti difensivi che subisce per aprirsi il campo e pescare un tiratore sull’arco dei tre punti, oppure un compagno che taglia dal lato debole. Gli assist che distribuisce appaiono come gesti naturali per merito di una visione periferica fuori dal comune.
DIFESA
Un tasto meno dolente rispetto alla stagione da rookie, ma sicuramente l’aspetto del gioco in cui deve crescere di più. Giocando da playmaker spesso si trova accoppiato a giocatori più esplosivi e di baricentro più basso rispetto al suo, che per predisposizione naturale fa più fatica a contenere. Lo scorso anno poi, gli capitava di schiantarsi su un blocco cieco del lungo avversario, oppure di passare in quarta posizione in situazioni di pick and roll che coinvolgevano un tiratore, concedendo così una comoda conclusione da fuori. Peccati di gioventù che in questo inizio di 2019-2020 si stanno verificando con meno frequenza, a dimostrazione di una maturazione anche sul proprio lato del campo.
ILLUSTRI PREDECESSORI
Lo sport è un mondo in perenne evoluzione. Cambiano le strutture, i metodi di allenamento, le attrezzature, le preparazioni. Oggi il livello atletico nel basket ha raggiunto livelli impressionanti, motivo per cui paragonare l’NBA odierna anche solo a quella di 15 anni fa lascia un po’ il tempo che trova.
In quegli anni, precisamente nella stagione 2004-2005, LeBron James concludeva il suo secondo anno tra i professionisti con una media di 27,2 punti, 7,4 rimbalzi e 7,2 assist, tenendo già fede al suo soprannome di “The chosen one”.
Andando una ventina d’anni a ritroso, la stagione 1985-1986 di un ventiduenne Michael Jordan venne costellata da una serie di infortuni che ne limitò le prestazioni. His Airness chiuse la regular season con appena 18 partite disputate e poco più di 22 punti di media. Nel primo turno di playoff i suoi Bulls vennero travolti 3-0 dai Boston Celtics, ma Mike trovò comunque il modo di lasciare il segno realizzando 63 punti al Boston Garden. «E’ Dio travestito da Michael Jordan» ebbe modo di dichiarare Larry Bird al termine di quella gara 2. Nell’annata successiva, sua la terza in NBA, Jordan si sarebbe riscattato registrando la media spaventosa di 37,1 punti a partita.
Si potrebbe andare ulteriormente a ritroso, pescando altre stelle del passato in grado di segnare un’era del gioco, ma entrare nel dettaglio di numeri e percentuali servirebbe a poco, specie in virtù dell’evoluzione del gioco e delle caratteristiche dei singoli.
Quello che appare lampante è che Luka Doncic al tavolo dei grandi ci si sia già seduto. E’ arrivato a 19 anni sul palcoscenico più prestigioso del basket senza tremori, prendendosi le luci della ribalta già nel suo primo anno, premiato col premio di Rookie of the Year.
Oggi ha smesso di convincere e ha cominciato a incantare. Si esprime sul parquet come se avesse quindici anni di carriera alle spalle, senza perdere un solo grammo dell’estro racchiuso nella sua gioventù.
E il bello è che siamo solo all’inizio.