Se non fosse per quella “R” di troppo, sarebbe un grande marchio di tendenza. Pazienza: almeno in Camerun, Hugo Broos va ugualmente di moda. È lui l’uomo-copertina di questa Coppa d’Africa, capace di riportare la Nazionale dei Leoni indomabili al titolo dopo 15 anni: un capolavoro tattico, contro ogni pronostico. Compreso quello degli 8 giocatori che risposero “no, grazie” alla sua convocazione. Adesso Broos si gode il successo, ottenuto grazie alle due qualità che fanno grande un allenatore: è bravo, ed è fortunato. Doti che nella finale, vinta ribaltando l’Egitto, ha messo in luce con due semplici cambi.
Belga classe ’52, Hugo Broos finora aveva raccolto gli unici successi della sua carriera da allenatore in Patria, alla guida del Bruges (2 campionati, 2 Coppe del Belgio e 4 Supercoppe nazionali nella prima metà degli Anni Novanta) e dell’Anderlecht (campionato 2003/04), le due squadre tra cui si era diviso anche da calciatore, negli Anni Settanta e Ottanta. Adesso può aggiungere al palmares la Coppa d’Africa, scacco matto all’Egitto in due mosse.
Due sostituzioni, due gol dalla panchina, che risvegliano sempre lo stesso vecchio quesito: allenatore colpevole perché ha sbagliato la formazione all’inizio o da elogiare per la grande capacità di lettura della partita e la bravura a cambiare in corso?
Nel primo caso, quello del gol di N’Koulou, i meriti di Broos sono praticamente nulli: Teikeu si fa male alla mezz’ora, all’allenatore non resta che dare un’occhiata a chi gli siede accanto in panchina e chiedere di alzarsi al sostituto naturale del centrale difensivo titolare. Tocca a N’Koulou, che nella ripresa firmerà l’1-1.
È con la seconda sostituzione, però, che Broos può rivendicare qualcosa: all’intervallo sente che bisogna dare la scossa alla squadra, fuori Tambe mai entrato in partita e dentro la stella Aboubakar, che ha continuato a escludere fino all’ultimo mentre tutti si chiedevano il perché. A 2’ dalla fine la sua giocata è degna del 10 che porta sulle spalle: stop di petto, sombrero al difensore e tiro all’angolino.
Hugo Broos impazzisce di gioia, con i suoi ragazzi che lo portano in trionfo levando al cielo la sua candida chioma. Cuper piange per l’ennesima finale persa dominando a larghi tratti: non solo è l’allenatore più sfortunato della storia, ma incrocia pure quello che in due mosse vince una partita già persa. In realtà Broos, in pieno recupero, piazza anche la terza sostituzione: Mandjeck per Zoua, cambio “tattico” con il solo scopo di perdere tempo. Certo, avesse segnato anche Mandjeck nei secondi finali ora parleremmo di poteri sovrannaturali.
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