L’Italia avrà bisogno dei playoff per qualificarsi ai prossimi mondiali. Lo si sapeva da giorni, almeno da quando la Norvegia superando l’Estonia si era garantita nel peggiore degli scenari un arrivo a pari punti con gli azzurri. Ora è ufficiale. Pensare di battere Haaland e compagni con nove reti di scarto, solamente tre chiari di luna più tardi aver faticato enormemente a battere una modesta Moldavia, non era pura utopia solamente per qualche folle sognatore. Era lecito e legittimo, però, aspettarsi una Nazionale vogliosa di provare che quella dell’andata era stata soltanto una giornata storta contro una buona rivale.
Ma dimostrare realmente qualcosa di falso è impossibile a chiunque. E ieri a San Siro, il campo ha messo in mostra, con la stessa forza di uno schiaffo che ti coglie impreparato, che la Norvegia è decisamente superiore. In alcuni individui come Haaland e Nusa. Nella compattezza e nello spirito di un gruppo che ha meritato a suon di gol la qualificazione al mondiale. L’Italia si lecca le ferite e si avvia nel peggiore dei modi a quegli spareggi che già aleggiano come nuvole scure sopra il cielo di Coverciano.
ORA TESTA AI PLAYOFF ⚔️⚽️
Nonostante il vantaggio di Pio Esposito l’Italia non riesce a battere la Norvegia a San Siro, Haaland è letale. Ora gli azzurri attendono giovedì per conoscere l’avversario per la semifinale dei playoff Mondiali 🏆#Italia #Norvegia #Mondiali #Haaland pic.twitter.com/PIVGLk7qr7
— Eurosport IT (@Eurosport_IT) November 16, 2025
Un futuro che spaventa
Gattuso fa mea culpa ed è ammirevole ma, forse, in questo momento è l’ultimo nella classifica poco onorevole delle colpe maggiori. Prima di lui ci sono sicuramente Gravina e un sistema tutto da rifondare e quei giocatori che in Italia vengono definiti “grandi” e che dai campi internazionali escono però spesso ridimensionati, pochi esclusi.
Ma fare drammi oggi non ha senso. Significherebbe essersi messi una benda sugli occhi per troppi anni e non aver voluto ammettere ciò che dicono i risultati. Che l’Italia da almeno una decina di anni è una nazionale come tante che i mondiali deve guadagnarseli sul campo. Con un bagno d’umiltà che i giocatori dovrebbero fare e con una presa di conoscenza di chi ama il proprio Paese e che è cresciuto associando la lotta per i mondiali della Nazionale all’idea di trionfo e non di una “banale” qualificazione.
Da qui a marzo non cambierà molto, forse nulla. La speranza però è che quel “non c’è due senza tre” sposi le partecipazioni ai playoff e abbandoni invece quell’accostamento alle eliminazioni che oggi come mai ci spaventa tanto. Per i più piccoli che non hanno mai visto un mondiale con l’Italia. Per i più grandi che ormai vivono solo di ricordi.
