Partita di basket Under 13 in provincia di Brescia. A metà del terzo quarto la squadra allenata da Marco Giazzi è in vantaggio di 10 punti, ma la situazione sugli spalti è ormai diventata insostenibile da tanti, troppi minuti.
Un’implacabile pioggia di insulti continua ad abbattersi sull’arbitro, classe 2005. I mandanti delle frasi poco edificanti non sono solo i coetanei del fischietto alle prime armi, ma anche e soprattutto gli stessi genitori dei ragazzi.
La misura è colma, oltre il limite della decenza. Giazzi, esasperato dagli ennesimi insulti all’arbitro per un fallo non fischiato, decide di ritirare la squadra: meglio perdere 20-0 a tavolino piuttosto che assistere un secondo di più alla pubblica critica nei confronti del giovanissimo direttore di gara.
Eppure l’allenatore aveva provato a placare gli animi fin dai primi minuti di gioco, quando già volavano frasi come “ma non ci vedi? Fischi solo a loro, è passi!” che sarebbero presto degenerate in “tu sei un criminale! L’’hai fatto apposta, ma che cxxxo di tecnico fischi?”. Il coach più volte si era avvicinato alla tribuna per invitare alla calma i genitori dei ragazzi, confidando in un buonsenso che spesso negli adulti si dà troppo per scontato. Niente da fare: partita sospesa e un pessimo esempio non solo per il basket, ma per lo sport in generale.
Spesso si parla di attività agonistica come scuola di vita: un contesto nel quale si assodano prima valori di rispetto e lealtà, dove si impara a convivere in un campo o in una palestra e solo poi si cura l’aspetto agonistico e competitivo. Ma crescere e formarsi preservando l’attenzione per il prossimo diventa difficile quando chi dovrebbe dare l’esempio è il primo a mostrare il peggio di sé. Vedere dei genitori, delle persone adulte, inveire e accanirsi nei confronti di un ragazzino di 14 anni è una bestialità senza appello, a prescindere da qualunque punto di vista.
Gli arbitri delle giovanili, così come quelli delle categorie minori, sono ragazzi che seguono una passione allo stesso modo di chi scende in campo. Calcano campi di periferia, raggiungono i paesi più lontani, vengono pagati pochissimo, spesso nulla, per ritrovarsi a dover subire gli insulti di chi dovrebbe educare, ma che forse avrebbe più bisogno di essere educato.